Vedi Roko Ukic e ti verrebbe da rispolverare il coro che i tifosi del Napoli avevano coniato per sua maestà Diego Armando Maradona. Sotto le Prealpi il “corazon” batte forsennato non per il piede sinistro più famoso della storia del calcio, ma per l’intelligenza di un croato che mangia il campo con sfrontata sicurezza e tecnica sopraffina.
A consuntivo non è stato difficile innamorarsi del salvatore attuale di Varese. Definizione troppo pesante? Chiunque sia un minimo avvezzo al basket sa che non è così. Le varianti dell’efficacia sul parquet sono migliaia, ma il paradigma di verità cestistica più diffuso recita testuali parole: azzecca playmaker e pivot e hai fatto la squadra. Vale ora e valeva cinquant’anni fa, vale in Nba e vale per Varese, che – a causa del fato avverso manifestatosi con l’infortunio a Wayns – alla scelta giusta è arrivata in seconda battuta. Ukic ha stravolto l’impressione di mediocrità che gravava sulla Openjobmetis 2015/2016 dopo la prima giornata: ci aveva provato a Milano con tre ore di allenamento nelle gambe, c’è riuscito contro Pesaro dopo una settimana, nemmeno piena, di restyling atletico. Lo ha fatto non tanto con le cifre, ma soprattutto con un quid di intelligenza che le statistiche non rilevano. Roko da Spalato sta tirando malino da due (36%), ma bene da tre (41%), segna 13 punti di media in 25 minuti e – nello stesso tempo passato in campo – “smazza” ben 7 assist. I passaggi decisivi, declinati sui 40 minuti, supererebbero la doppia cifra. Poi c’è appunto la capacità – di caratura superiore – di comandare chi gravita intorno a lui, di prendersi il pallino in mano nei momenti decisivi (si veda la fine del secondo quarto di domenica), di dare sicurezza a chi in questo momento ne difetta. Se ne accorto il Palawhirlpool che gli ha dedicato la standing ovation e, tra questi, il presidente Stefano Coppa: «Ukic è una guida, l’unico giocatore in grado di prendere in mano la squadra nell’emergenza che l’assenza di Wayns e Galloway ha creato. Poi è indubbio che tutti i compagni stiano crescendo, con lui e grazie a lui».
Per uscire dalle secche delle difficoltà e per riuscire a far quadrare i conti nella contingenza di un’infermeria per l’ennesimo anno piena, però, è come se Varese avesse fatto un patto con il diavolo: il Messia arriva, ma a tempo determinato. Il contratto di Ukic ha la prima uscita il 13 dicembre e la seconda il 23 dello stesso mese, guarda caso la finestra concessa alle squadre di Eurolega per apportare correttivi tramite il mercato. Chiedi al numero uno di piazza Monte Grappa se il destino sia quindi scritto e ti risponde categorico sulle percentuali, argomentando i perché: «Di sicuro, nella vita, c’è solo la morte. Ma non voglio illudere nessuno: al 99% non lo avremo con noi dopo dicembre. E questo accadrà per il suo costo e per le ambizioni importanti che il giocatore potrebbe coltivare. Se ci sarà anche solo un’opportunità ce la giocheremo, ma al momento non è probabile pensare che possa restare. E poi non posso tenerlo e rischiare di portare a giugno i libri in tribunale». E lasciare perdere altri rinforzi immediati – Kitchen o chi per esso – e puntare tutto sul croato? Discorso da bar se si ragiona senza stipendi alla mano. Ma c’è anche un altro problema: «Con la Fiba Europe Cup imminente ci serve un giocatore ora. Se Kitchen si dimostrerà in grado di darci un apporto subito bene, altrimenti saremo costretti a fare altre valutazioni. Ed è un discorso che non si può legare a Ukic». Veni, vidi e speriamo continui a “vici” almeno per un po’: a dicembre si preparino i fazzoletti per il saluto. Non resta che puntare una fiche di speranza sul buon recupero di Maalik Wayns, tornato sabato a Varese dopo l’operazione al ginocchio sostenuta negli Usa e già sotto la mano dei fisioterapisti.