Un direttore non tradisce la gente e l’anima

Il commento di Andrea Confalonieri

Può oggi un direttore di giornale sedersi sul prato dietro una porta del campo sportivo di Besozzo dopo essere stato sotto una pianta a Trezzano sul Naviglio e sui sei gradoni in legno di Barzanò, firmando le pagelle e il commento di Verbano-Varese? Non solo può, ma deve farlo. Perché un direttore non scappa mai dalla gente, e oggi la gente non andrà a vedere la partita del Varese ma quella di chi si è ripreso in mano la stoffa della sua bandiera e le redini della storia da chi gliele aveva strappate, infangate e derise. Un direttore e un giornale non tradiscono la causa a cui hanno dato tanto, forse tutto, ricambiati in pieno, soltanto perché questa causa ha dovuto toccare il fondo per risorgere pulita. Un direttore e un giornale si sentono in serie A soprattutto in Eccellenza se hanno raccontato la sofferenza, le cadute, le

battaglie perse, le lacrime, le croci – che fanno gruppo, e anima, più di qualunque vittoria – e ora possono lasciar spazio ai sorrisi, ai primi passi, ai piccoli gesti e ai sogni d’un fiore che rinasce dal veleno che l’aveva soffocato. Può perfino capitare che oggi un direttore pianga, pur non avendo il culo al caldo come all’Olimpico di Roma o a Marassi, vedendo varcare dopo anni il cancello del campo all’amico “maestro” Luca Ielmini insieme a sua figlia Virginia di tre anni, «perché adesso posso finalmente portarla a vedere cos’è davvero il Varese». E potrebbe continuare a piangere se questa squadra e questa società riuscissero a realizzare il desiderio di Aldo Cunati, il magazziniere rimasto per la fede laddove c’erano stipendi da ventimila euro al mese, che a qualcuno ha detto: «Mio figlio fa lo stampatore, è bravo e cerca lavoro, lo aiutate?». Ci proviamo, tutti assieme?

Un direttore e un giornale hanno bisogno della loro arena fatta di gladiatori senza nomi sulla maglia che vincono soltanto per un’idea o un’ideale, un senso di giustizia e una rivincita, e per capire che al mondo d’oggi tutto ciò che è incontaminato esiste ancora, non è solo passato (i valori del passato) ma anche futuro.

«Si parte! – scrive Enzo Rosa – Come sempre abbiate il cuore di amarlo, abbiate la fede di seguirlo, abbiate la forza per difenderlo. Oggi più che mai il Varese è tutti noi». Questa è vita.