Un giorno da paesana anni ’30 Dietro le quinte del “Pretore”

Vita da comparsa per svelarvi cosa succede dietro le quinte di un film. In particolare, dietro le quinte del set del “Pretore”, la pellicola diretta da Giulio Base e realizzata sul testo dell’omonimo capolavoro di Piero Chiara.

Varese, Luino e la provincia hanno fatto da sfondo alle vicende di Augusto Vanghetta, interpretato da Francesco Pannofino, con la moglie Evelina, ruolo ricoperto da Sarah Maestri, e Armandina Regner de Montfleury, la “favorita” del Pretore, interpretata da Eliana Miglio.

Al loro fianco, tanti altri attori noti della provincia prealpina e oltre 250 comparse. E come perdersi l’occasione di essere tra loro? Per tempo abbiamo mandato fotografia e scheda di adesione e poi è arrivata la chiamata di Verena Merli, impegnatissima coordinatrice ”100 anni d’autore”.

Così inizia la strana giornata sul set della pellicola che da un mese viene girata nella nostra provincia. Prima tappa a Luino per il “travestimento”: occorre tornare indietro agli anni ‘30.

Nel giardino sono parcheggiati i furgoni della troupe, uno di questi fa da guardaroba.

La responsabile dei costumi ci accoglie ed è subito pronta a cercare l’abito migliore per il ruolo che ci è stato assegnato: quello di paesana. La scena che dobbiamo girare è ambientata in una via di paese: come location viene scelta Rancio. «Sei paesana» ripete come un mantra mentre estrae dagli abiti: una gonna nera, una camicia a fiori, e un paio di scarpe nere basse. E poi il problema: «I capelli colorati così moderni non c’erano allora: bisogna mettere il foulard». Superato anche questo ostacolo si va avanti, lungo questo lungo e specialissimo giorno da comparsa.

Quindi si passa al “trucco e parrucco”. La stanza è piena, in ogni angolo, di strumenti per il make up e le acconciature.

«Devi essere dimessa, sei una paesana, quindi poco trucco…», (…e ci risiamo…). Si passa dunque ai capelli, «tutti tirati indietro perché serve il foulard». E lì si capisce che tutto viene studiato in ogni dettaglio.

È tempo del trasferimento sul set: cinque figuranti, più uno che è già sul posto e che guiderà l’auto.

Arriva anche il regista: Base indossa jeans e berretto. La troupe saluta e si mette all’opera. Dietro alla macchina da presa c’è il direttore della fotografia, Fabio Zamarion, che dà indicazioni affinché ogni traccia di modernità venga coperta.

Così sulle pareti si mette del verde per coprire i contatori dell’elettricità, si girano o si rimuovono segnali stradali, specchi, si mimetizzano citofoni e numeri civici. Nel frattempo l’aiuto regista, consultandosi con Base, dà indicazioni su come muoverci e ci fa provare per capire se tutto funziona. Si parte. «Blocca la strada», «Silenzio», «Motore», «Ciak», “Azione”. Tutto come un orologio, ciascuno fa la sua arte e fino allo «Stop». Le persone si muovono, arriva la bicicletta e poi passa l’auto. E si ripete: tutti in silenzio perché quel pezzetto di girato servirà a completare la storia, a fare il cinema.

© riproduzione riservata