Un cavaliere-imprenditore prova a risollevare il mondo degli sport equestri: «Un’eccellenza da valorizzare, anche sotto il profilo economico. E anche in provincia di Varese».
Parola di Vittorio Orlandi, gallaratese, imprenditore alla guida dell’azienda di famiglia, bronzo olimpico a Monaco 1972 nella squadra dei mitici fratelli D’Inzeo, dalla fine di aprile presidente della Federazione Italiana degli Sport Equestri.
È a lui che il mondo dei cavalli si è affidato per superare anni di crisi profondissima,
culminati con 21 mesi di commissariamento. «Eravamo tra i migliori al mondo, ora siamo a livelli dei Paesi sottosviluppati» ammette Orlandi, che rimarrà in carica per un anno.
Un personaggio che, come il grande Ottavio Missoni che fu olimpionico a Londra ’48, ha coniugato una carriera agonistica di prim’ordine con il successo imprenditoriale: Vittorio Orlandi a Monaco ’72 conquistò un bronzo nel salto ostacoli, poi ha guidato l’azienda di famiglia a Gallarate.
Ma è sempre stato innovativo anche nel mondo dell’equitazione, dal primo pony club italiano fondato negli anni ’70 al fondo d’investimento Scuderia Italia per acquistare cavalli di potenzialità olimpiche.
Ho sempre avuto rapporti stretti con la Federazione e ho sempre portato avanti iniziative nell’ambito dell’equitazione, perciò conosco bene la “macchina”. È una situazione non semplice, perché gli uomini sono complicati: in sé sarebbe anche semplice, il problema è avere consensi e avere gente al proprio fianco che condivide le azioni da mettere in campo. Il passato ha lasciato segni molto profondi, sia sotto il profilo economico che sportivo, ma soprattutto organizzativo.
Già l’anno prossimo cessa il mandato federale: si andrà nuovamente ad elezioni, e lì la base del movimento valuterà il lavoro che abbiamo svolto. È per questo motivo che occorre essere rapidi nello svolgere i lavori che servono e cambiare l’orientamento della Federazione.
Perché è un’eccellenza del nostro Paese: è un settore che ha grande potenzialità, da incanalare in un metodo più efficace. Noi italiani siamo estrosi e veloci nel risolvere i problemi, ma manchiamo di organizzazione. Il compito che mi aspetta è complicato, perché significa cambiare abitudini ormai consolidate.
Porto la mia esperienza di imprenditore al servizio della Federazione. Credo che sarà estremamente importante, soprattutto per cambiare la mentalità che ci ha guidato fino ad oggi.
Io stesso ho cominciato a Casorate Sempione, che è un vero e proprio “paese equestre”, una patria per il nostro mondo. Recentemente ho partecipato ad una festa in scuderia che ha riunito circa 300 persone legate da anni di storia in questo settore, un numero impressionante.
Qui c’è un’enorme storia, se pensiamo a Casorate Sempione e dintorni, ma anche alla scuderia di Montonate, che è un’altra piccola comunità che vive di cavalli. O la fucina delle Querce, da cui sono nati i talenti che hanno contribuito alla vittoria olimpica di Mosca. Abbiamo realtà notevoli sia per qualità che per storia. È un qualcosa da valorizzare e da “vendere” meglio, perché è sempre stata una zona un po’ nascosta da questo punto di vista. Anche sotto il profilo economico, dietro agli sport equestri può crescere un indotto che porta ricchezza al territorio.
Certamente utile e importante, serve per dare visibilità al mondo degli sport equestri e all’indotto. Io ci sarò.
Il mio slogan è crescere. Crescere a tutti i livelli. Se ci rendiamo conto che si deve cambiare, possiamo tornare a crescere. Io porto un messaggio di fiducia, ma il mondo equestre deve accettare cambiamenti che all’inizio possono sembrare pesanti, ma che poi daranno i loro frutti. Non dobbiamo limitarci a lamentarci per una situazione grigia, perché dobbiamo ricordarci che eravamo tra le primissime nazioni al mondo, mentre ora siamo al livello dei Paesi in via di sviluppo.