Va detto basta al modello economico e di conseguenza sociale che hanno orientato il nostro agire a partire dagli anni sessanta in poi.Un modello, quello capitalistico, sfociato nella deriva consumistica e infine finanziaristica, che mostra tutte le sue falle da anni. Ma che nessun schieramento politico presente in parlamento, nessun sindacato e nessuna associazione di categoria osa mettere in discussione.La dottrina sociale della chiesa ha proposto una terza via in varie occasioni ed encicliche. Ciò
nonostante, ancora oggi, l’unica ricetta che tutti propongono per uscire dalla crisi è lo sviluppo, la crescita del PIL, del fatturato.Eppure la crisi nasce da lì, da una crescita eccessiva che ha spinto a consumi eccessivi fatti a credito e che poi non sono più stati ripagati. Insomma per farla breve, o si cambia il modello economico che ci ha guidati dal dopo guerra ad oggi, oppure il problema resta in tutta la sua drammaticità.
Alberto Valsecchi
C’è un sistema economico che abbia dimostrato di poter fare meno danni, se non d’arrecare migliori benefici, di quello in cui vive l’Occidente e del quale sta facendo fotocopia gran parte dell’Oriente? La risposta è nota.
Sono altrettanto noti i difetti del capitalismo. Alcuni li si è corretti, altri no. Il liberismo è per esempio una buona idea, ma senza che lo si temperi socialmente, si volge in cattiva idea. Lo Stato che invade la sfera del privato è una cattiva idea, ma senz’interventi sociali dello Stato, il privato sarebbe incline a creare un prepotentato d’egoismi. E così via. In breve: questo sistema funziona se trova equilibrio tra le sue componenti.
C’è un punto di saggezza sul quale i diversi attori della vita comunitaria dovrebbero convergere. Non sempre accade, ma accade oggi più di quanto accadesse ieri. Non è vero che si stava meglio quando si stava peggio.
E’ vero che una crisi economica stringe la forbice del paragone, e che lo sforzo di tutti (tutti insieme) è di provare a riallargarla. Senza farsi male.
Max Lodi
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