Un percorso da sognatori per salvare gli obiettivi

Il punto di Fabio Gandini

Final Eight di Coppa Italia: difficile, ma non impossibile. Playoff di Champions League: missione proibitiva, ma non ancora condannata dai numeri. Il day after di un’impresa è fatto di calcoli e di sogni, sospensione tra la razionalità di un passato che pesa, un presente che gli occhi non vogliono lasciar fuggire e un futuro roseo – per ora – solo nella fiamma del desiderio. Carta e penna in mano, via all’onanismo della speranza, temperato da un pizzico di aritmetica. Alla fine del girone di andata mancano quattro giornate, con il calendario che sul piatto serve, nell’ordine, Trentino fuori casa, Venezia a Masnago, Cremona on the road e Torino ancora tra

le mura amiche. Varese è a quota 8 punti, in ritardo di due lunghezze rispetto ai 10 che a tutt’oggi equivalgono all’ottavo posto, ultimo utile alla qualificazione per la rassegna che manca da quasi quattro anni. Chi bisogna inseguire o, meglio, superare? Trento (essenziale vincere là, domenica prossima), poi Pistoia (pesa il “trentello” subito in Toscana, ma gli Esposito boys non hanno davanti un calendario semplice), poi ancora Brescia (siamo sotto), Torino (da metter dietro nell’ultima partita), infine Sassari (ne perderà due: a Capo d’Orlando e a Venezia). Un filotto di vittorie varesine, considerata anche la grande quantità di scontri diretti tra le squadre citate, potrebbe bastare: il problema è farlo.

Champions. Il quarto posto passa dal recupero casalingo del -25 subito a Ventspils, da un colpo a Salonicco, da un altro in Polonia e dal tenere il servizio, domani, contro la formazione più forte del girone, il Neptunas. All’appello mancano due successi, da recuperare alle formazioni che precedono in classifica. Siamo onesti: ottenere il pass per la post-season sarebbe un autentico miracolo.

Aspettando che il campo dia le risposte, queste previsioni rimangono belle in assoluto, tanto quanto è meraviglioso il viaggio che non prende in considerazione la meta. È che qui basta poco. Basta una zona fatta come Dio comanda, una guardia da mettere nel motore, un Maynor che ritorna a spiegare basket, un Anosike che diventa muro, un Moretti che sorride e un Bulleri che bara sugli anni come fanno le zitelle che hanno superato gli “anta” per tornare a vedere la luce. Cercando, disperatamente, un appiglio che non sconfessi quelle buone impressioni (e, se volete, chiamatele abbagli) durate, nella realtà dei fatti, solo lo spazio di un’estate.n