– Ieri, al Molina, si è svolta la messa in commemorazione di Lidia Macchi. Un appuntamento che si ripete ogni anno per tenere viva la memoria della giovane. Un momento che, per quanto la vicenda sia triste, assume contorni festosi per la musica, i ricordi di chi l’ha conosciuta e quella sensazione forte di presenza, quasi che Lidia sia lì davvero, fisicamente, in mezzo a tutti.
Il desiderio di giustizia, di dare un volto al suo assassino, non si è mai spento in questi 29 anni. I recenti sviluppi delle indagini lo hanno rinnovato. Ma non è stato fatto cenno alle vicende giudiziarie in tutta la cerimonia, se non in un Salmo: «Perché Lidia accompagni il lavoro degli inquirenti affinché possano raggiungere la verità».
La famiglia Macchi in questi anni ha sempre chiesto giustizia, mai vendetta. Ha cercato risposte nella fede e nell’amore, con una forza che si vede anche nei gesti. Dalla tempra di papà , in carrozzella, con la mano appoggiata sulla foto della figlia, aggrappato al suo ricordo con tutte le sue forze.
La moglie Paola al suo fianco, forte e instancabile. I figli e i nipoti che si stringono intono a loro. E gli amici che intonano con la chitarra «la ragazza strana», un brano composto da nel 1990 per raccontare la storia di Lidia, definita come «luce chiarissima di grazia e di stupore».
Gli scout amici di Lidia, nei giorni scorsi, si erano rifiutati di commentare gli ultimi sviluppi delle indagini perché «noi vogliamo ricordare Lidia in modo diverso, non in relazione all’omicidio». Gli amici hanno precisato che la loro risposta è «su un altro piano». Ieri il significato delle loro parole è stato chiaro. A partire dell’omelia di don di Bisuschio che è iniziato con una frase più volte ripetuta in questi anni: «Lidia è molto di più dell’omicidio della ragazza scout».
«Siamo qui per ringraziare la scia luminosa che lei ha lasciato, per quel ponte che ha lasciato verso l’eterno e su cui per un pezzo ci ha accompagnato. Lei è stata una scia luminosa di questo ponte che conduce all’eterno, verso l’ignoto che per lei era l’amato ed era tutto» ha detto don Lucioni. E ancora: «Lidia era nemica della gabbia, del pregiudizio, del cantuccio caldo, dell’apparenza, della superficie. Lidia ardeva, spasimava. Lei era affascinata dalla verità, era avida di verità».
Le sue parole che hanno rinnovato nei presenti la volontà di tener viva Lidia. La chiesa straripava di persone. Tra i tanti c’erano Maria Pia, l’amica che l’ha trovata morta ai piedi della Panda. , la ragazza che Lidia era andata a trovare in ospedale, quindi l’ultima che l’ha vista prima del suo assassino. E tanti altri, che all’epoca avevano partecipato alle sue ricerche e che oggi hanno famiglia e rivivono nei panni di genitori, quindi con un peso molto diverso, l’ansia di quei giorni. Alla fine della messa è stata distribuita una cartolina con il volto di Lidia Macchi e una frase di : «Ti ride negli occhi la stranezza di un cielo che non è il tuo». Si tratta del tema proposto all’inizio dell’anno sociale dal movimento di CL, un’immagine che esprime l’incontro tra Dio e l’uomo. E poi c’è anche una poesia scritta da Lidia anni fa. Una poesia che oggi sentono propria tutti coloro che le hanno voluto, e le vogliono, bene: «tu ci sei tra le pieghe del cuore come sospiro sfuggito, come lacrima silenziosa, come tenera presenza, come acuto dolore».