Quarantatrè giorni dopo l’esonero da parte della Pro Patria, torna a parlare Alessio Pala. E lo fa con un’intervista a tutto campo a La Provincia di Varese.
Facciamolo. Cominciamo col dire che sono molto dispiaciuto per l’epilogo. Io ero davvero convinto che facendo un po’ di mercato a gennaio, questa squadra avrebbe potuto andare ai playout. Quando dico “un po’ di mercato” non intendo chissà che: sarebbe bastato prendere un attaccante che facesse gol.
Ne abbiamo cercati tanti, è vero, ma non è arrivato quello che potesse risolvere i problemi in area. Pesenti è stato molto vicino, ma poi come altri ha rifiutato, forse spaventato dalla penalizzazione: in quel momento pesava una richiesta di 20 punti.
Ho pensato che sarebbe stata ancora più dura. Ma non immaginavo che avremmo fatto così pochi punti nel girone di ritorno. Fino agli ultimi minuti della gara di Mantova, quando si è infortunato La Gorga e abbiamo subìto l’1-1, le cose andavano discretamente: creavamo poco, non giocavamo bene, ma eravamo tosti e compatti. Duri da battere. Dal Renate in poi qualcosa ha cominciato ad andare storto, anche se abbiamo disputato ancora qualche buona partita.
Guardi, le mie squadre hanno sempre espresso un buon calcio, sia a livello di settore giovanile che di prima squadra. Ma per farlo devi avere degli attaccanti che tengono palla e fanno salire la squadra, trequartisti che saltano l’uomo e centrocampisti capaci di creare gioco. Altrimenti come lo fai il gioco offensivo? Io non avevo calciatori con quelle caratteristiche. Cosa crede, che non mi sarebbe piaciuto vedere giocare bene la mia squadra?
La decisione di prendere Pià è stata presa di comune accordo tra me e la società. Ma l’idea era quella di inserire il giocatore nell’ultimo quarto d’ora, quando i ritmi calano, per sfruttare le sue qualità tecniche. Purtroppo, vista la mancanza di attaccanti, ho dovuto anticipare il suo rientro, ma ho sempre detto che non poteva essere Pià il profilo di attaccante che stavamo cercando.
Non rinnego la scelta. Sono venuto a Busto con grande entusiasmo e all’inizio pensavo davvero che ce l’avremmo fatta a centrare i playout.
Lo spirito che vedevo in allenamento e anche i primi risultati: non prendevamo imbarcate, la squadra era solida.
Molto deluso. Non nascondo di aver avuto un rapporto complicato con Pisani, che è un buon giocatore e un bravo ragazzo, ma a mio parere ha avuto dei comportamenti non adeguati. Ho semplicemente cercato di dargli delle regole. Per quanto riguarda Ferri, non posso rimproverargli niente sul piano del rendimento e del comportamento, almeno fin quando ho saputo che anche lui ha chiesto il mio esonero. Ma la cosa grave è un’altra.
Una società non può farsi dettare le decisioni dai giocatori. Come allenatore accetto un esonero, ma deve deciderlo la società.
Nonostante nel comunicato ufficiale ci sia scritto il contrario, sia la signora Testa che l’avvocato Nitti mi hanno detto di non condividere la scelta di esonerarmi. Però sono stato esonerato. Un’anomalia che è un po’ la metafora di questa stagione. Tra l’altro, per il rapporto che si era creato, avrebbero potuto almeno convocarmi per comunicarmi l’esonero. Sono stato liquidato per telefono.
Sì, la signora Testa, che è stata molto gentile.
No comment. Con loro di sicuro non lavorerò più. Tra l’altro mi sembra che proprio quei due-tre giocatori non stiano facendo benissimo. Dopo la mia partenza il loro rendimento è calato.
«Una proprietà che decida. Un direttore generale/sportivo che aiuti la società nelle scelte, collaborando con l’allenatore. Anche un campo d’allenamento migliore non guasterebbe.
Che la mia onestà, professionalità e impegno non bastano. E anche che non bisogna fidarsi troppo delle persone, e che là dove i ruoli non sono ben definiti si annidano comportamenti poco professionali. Quando c’è una solida impostazione societaria, i giocatori fanno i giocatori.
Probabilmente non asseconderei la società come invece ho fatto, venendo incontro alle loro esigenze di risparmio. Tenga presente che, ancora una settimana prima dell’esonero, sia l’avvocato Nitti sia la signora Testa mi invitavano a rimanere anche per la prossima stagione.
Sì. Ho sempre detto che per me contano le persone e i programmi, più che i soldi e i grandi investimenti. Sarei rimasto.
Oggi sono più forte. E non porto rancore: auguro alla Pro di ritornare al più presto in Lega Pro. Mi dispiace di non essere riuscito a dare alla piazza bustocca le soddisfazioni che merita. Però ho dato l’anima, credetemi. E i punti che ha in classifica, la Pro Patria li ha fatti con me in panchina.
Come sempre sceglierò in base alle persone. E mi piacerebbe tornare ad avere una rosa normale, con 15-17 giocatori ben assortiti per poter giocare bene a calcio. Sa cosa mi hanno detto diversi colleghi del nostro girone?
Che erano dispiaciuti umanamente per il mio esonero (e, a giorni, Pala rescinderà con la Pro Patria: con l’accordo raggiunto la società biancoblù riuscirà a risparmiare una discreta cifra rispetto al pattuito, n.d.r.), ma che nello stesso tempo erano contenti perché sarebbe stato più facile giocare contro la Pro.