Una sola bandiera sventola nel cielo, ed è Neto Pereira

Il commento pre partita di Andrea Confalonieri

Non poteva che andare a finire così come è sempre andata, con il Varese tra la vita e la morte aggrappato a una sola bandiera: se quella si spezza, va giù. Di solito, non è mai andato giù. Di solito quando un uomo diventa così grande da fondersi in una bandiera biancorossa, tutti noi che la sosteniamo non permettiamo a nessuno di spezzarla.

Oggi non è Varese-Livorno, oggi non esiste una partita tra noi e qualcun altro: oggi allo stadio ci sarà soltanto lui, comunque vada a finire. Lui che con un piede fratturato ci prova lo stesso. Lui che è il più fragile eppure è disposto a rompere quella sua fragilità in mezzo al sangue biancorosso. Lui che è pronto all’ultimo sacrificio: Leonidas Neto Pereira de Sousa. Decidendo di scendere in campo con un piede spezzato, a pochi giorni da un’operazione di ricomposizione della frattura che lo leverà dal campo per almeno un mese, Neto si consegna per sempre nell’olimpo degli eroi biancorossi. Di Peo Maroso unico di sempre a vincere tutto con il Varese da giocatore, da allenatore e da presidente. Di Riccardo e Luca Sogliano che hanno fatto rinascere questa maglia perché nessuno la ama come loro. Di Franco Ossola morto a Superga e rinato a Masnago. Di Bonifacio e Cristina, uno morto sul fronte durante la guerra e l’altro goleador anche se era cieco da un occhio. Di Piero Magni il bobbiatese che ha giocato in ogni ruolo. Di Beppe Sannino: può succedergli di tutto nella vita ma alla fine torna sempre a casa, cioè qui, dopo aver iniziato la carriera da allenatore senza voler lasciare il posto all’Asl di Voghera, dove puliva i cessi del manicomio.

E soprattutto, non casualmente, Neto diventa l’erede lontano (ma vicino alla sua classe a ai suoi valori) del livornese Armando Picchi, capitano del Varese più grande che oggi, da lassù, non potrà che fargli l’occhiolino. Schivo, timidissimo e con quella faccia che fugge dai riflettori, gli occhi che cercano solo volti familiari a cui attaccarsi per sempre. Di più: Leonidas, anzi Leonida come lo chiama Filippo Brusa, e Armando sorridono solo ai bambini e ai tifosi veri, semplici e genuini. Puri, grandi e unici come loro.