VARESE È una storia di casa nostra. Una storia fatta di dignità e lacrime cacciate indietro, sofferenze silenziose, maniche rimboccate e testa alta. È una storia d’orgoglio e di abbracci, una storia d’amore. È la storia di Claudia e della sua famiglia, una storia da raccontare e da ascoltare tutta d’un fiato. Claudia è affetta da una rara malattia neurologica chiamata Sindrome di Rett: colpisce quasi esclusivamente le persone di sesso femminile ed è una malattia infame. Perché si manifesta tra i due e i quattro anni di vita dopo aver fatto sognare ai genitori una vita di normalità, e presenta il suo conto troppo ingiusto per essere vero. «Quando Claudia è nata – racconta sua mamma Marina Cometto – tutto sembrava andare per il meglio, se si esclude una lieve sofferenza al momento del parto. I primi mesi di vita di Claudia sono trascorsi in serenità».«Certo, Claudia non riusciva a rimanere seduta e io che facevo il paragone con la figlia maggiore chiedevo al pediatra se c’era da preoccuparsi. Lui rispondeva sempre che i bambini non sono tutti uguali, che avrei dovuto lasciarle il tempo di crescere con i ritmi che il fisico di Claudia richiedeva». Una mamma, però, certe cose le vede e le sente. «La vita di Claudia – continua – scorreva sorridente: qualche parola appena balbettata, sempre sorridente, sempre bellissima. Però all’età di quattordici mesi ancora con camminava. Ricordo che andammo tutti quanti in vacanza: la piccola incominciò a strisciare sulla spiaggia, giocava, faceva i capricci. Era un po’ indietro in confronto agli altri bambini, ma era serena e io fiduciosa: allontanavo i brutti pensieri e ripetendomi che i bambini non sono tutti uguali». Poi, i timori di mamma Marina diventano realtà, si fanno quotidianità: «A diciotto mesi, ecco i primi timidi passi: un po’ traballanti e insicuri, ma erano pur sempre una conquista. Poi
un’incidente domestico ci portò a fare degli accertamenti che fecero emergere qualche problema». «Iniziammo a fare fisioterapia, ma il fisioterapista non sapeva come e cosa fare con Claudia: mi spiegava che era diversa dagli altri bambini con disabilità. In poco tempo Claudia perse tutto ciò che aveva conquistato: le poche parole, il cammino, la masticazione». «Solo gli occhi e il sorriso sono sempre rimasti limpidi e presenti: allora non conoscevo il motivo della regressione, i medici non davano risposte. Non ne avevano». La vita continua. I figli di Marina diventano tre e l’amore della mamma che invece di dividersi si moltiplica: «Asilo e scuola per gli altri, riabilitazione e cure per Claudia. Poi, nel 2010, quasi per caso mi trovo a parlare con una mamma che aveva una bimba affetta dalla Sindrome di Rett». «Un esame del sangue, sei mesi di attesa, e la diagnosi che conferma tutto: dopo trentotto anni, la strega cattiva ha un nome». La paura di Marina, ora, per il domani: per il futuro di Claudia quando lei e il marito non ci saranno più. E le sue parole sono coltellate: «La preoccupazione più grande è il futuro, quando noi non ci saremo più , abbiamo lottato tutta la vita per permettere ai nostri altri due figli di non sentire i limiti della loro sorellina come limiti per la loro vita, ma dovranno essere messi in condizione di continuare la loro vita». «Tanti genitori come noi pregano che i loro figli muoiano prima di loro: per non dover andare via con la preoccupazione di dove e come lasciarli. Io non riesco a augurarmi questo, mi sembrerebbe di sottovalutare la sua vita: sogno che Claudia possa continuare a vivere a lungo in quella che è la sua casa. Questa è la mia idea di un mondo migliore: quello in cui tutte le vite sono apprezzate».
s.bartolini
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