Città del Vaticano, 16 mar. (TMNews) – La galassia cattolica tradizionalista domani non festeggerà. Già nei mesi scorsi, sui blog e in libreria, lefebrvriani e gruppuscoli revangisti disparati hanno preparato il 150esimo dell’unità d’Italia con messe in latino commemorative degli zuavi pontifici caduti a Porta Pia, articoli polemici sul Risorgimento, visto come un complotto anticattolico ad uso di potenze straniere protestanti e massone, libri, anche molto seri, che rileggono criticamente quel frangente storico (per citare solo due titoli delle edizioni Ares, ‘Le due Italie. Identità nazionale, unificazione, guerra civile’ di Massimo Viglione e ‘L’altro Risorgimento. Una guerra di religione dimenticata’ di Angela Pellicciari). Al contrario, i vertici ecclesiastici – e non da oggi – alla commemorazione dell’unità d’Italia hanno deciso di partecipare senza esitazione.
L”Osservatore romano’ in edicola questo pomeriggio, con la data di domani, si spinge a polemizzare elegantemente con la Lega. Il critico musicale del giornale vaticano, Marcello Filotei, la prende da lontano, dal Nabucco che il maestro Riccardo Muti dirigerà domani al teatro dell’opera di Roma per il Presidente Napolitano e le massime cariche dello Stato. L”Osservatore’ non cita espressamente il ‘Va pensiero’, l’area divenuta negli anni il contro-inno d’Italia del Carroccio, ma il messaggio è chiaro: “Ascoltando il Nabucco per intero, chi non fa propri i valori dell’unità, potrebbe cogliere l’occasione se non per cambiare idea – solo i visionari come Mazzini riconoscono tanto potere alla musica – almeno per scegliere un altro compositore di riferimento”.
La mobilitazione della Chiesa ufficiale per l’unità d’Italia, del resto, va avanti da mesi. A settembre scorso il cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato vaticano, partecipò alle cerimonie per la commemorazione della Breccia di Porta pia fianco a fianco con Napolitano. Il cardinale Ruini, da parte sua, ha dedicato un convegno di diversi giorni a pochi passi dal Vaticano per coinvolgere storici e intellettuali, laici e uomini di Chiesa, a riflettere sui 150 anni d’Italia, tra “tradizione”
e “progetto”. In quell’occasione il suo successore alla guida della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco, ha definito i cattolici “soci fondatori” dell’Italia. E tale è la convinzione per l’Italia unita che in questi giorni Bertone e Bagnasco hanno fatto quasi a gara, in questi giorni, nel testimoniare la definitiva rappacificazione tra la Chiesa cattolica e lo Stato italiano. Bertone si è recato oggi al Quirinale per portare un messaggio a Napolitano ‘ad hoc’ del Papa e, domani, parteciperà alla cerimonia a Camere riunite a Montecitorio. In mattinata, nella basilica di Santa Maria degli Angeli, Bagnasco celebrerà una messa solenne per commemorare il 17 marzo.
E’ stato il Papa in persona a chiarire il senso di questa partecipazione convinta. Nel messaggio consegnato nelle mani di Napolitano, Benedetto XVI spiega che “per ragioni storiche, culturali e politiche complesse, il Risorgimento è passato come un moto contrario alla Chiesa, al Cattolicesimo, talora anche alla religione in generale. Senza negare il ruolo di tradizioni di pensiero diverse, alcune marcate da venature giurisdizionaliste o laiciste, non si può sottacere l’apporto di pensiero – e talora di azione – dei cattolici alla formazione dello Stato unitario”. L’unificazione d’Italia, “dovette inevitabilmente misurarsi col problema della sovranità temporale dei Papi” e ciò ebbe “effetti dilaceranti nella coscienza individuale e collettiva dei cattolici italiani”, ma se ci una ‘conciliazione’ vi è stato bisogno per superare la ‘questione romana’ che si era aperta tra istitizioni, “nessun conflitto si verificò nel corpo sociale, segnato da una profonda amicizia tra comunità civile e comunità ecclesiale”. Il cristianesimo, sottolinea Benedetto XVI, “ha contribuito in maniera fondamentale alla costruzione dell’identità italiana”.
Ma è l’elenco dei nomi che ha scelto che il Papa chiarisce al meglio la sua concezione della storia d’Italia. Il Papa non intende rinnegare il passato della Chiesa, né evidenziare rotture o fratture. Oltre agli artisti che trassero ispirazione dal cristianesimo e ai santi che ‘fecero’ l’Italia prima degli eroi risorgimentali – Francesco d’Assisi e Caterina da Siena – Benedetto XVI cita tre Papi, quasi a sottolineare la continuità del Pontificato: Giovanni Paolo II, il futuro Paolo VI e quel Pio IX che, da iniziale sostenitore, si schierò poi nettamente contro il Risorgimento. Benedetto XVI non entra nei dettagli della ricostruzione storica e si limita a scrivere: “A proposito della fine degli Stati pontifici, nel ricordo del beato Papa Pio IX e dei Successori, riprendo le parole del Cardinale Giovanni Battista Montini, nel suo discorso tenuto in Campidoglio il 10 ottobre 1962: ‘Il papato riprese con inusitato vigore le sue funzioni di maestro di vita e di testimonio del Vangelo, così da salire a tanta altezza nel governo spirituale della Chiesa e nell’irradiazione sul mondo, come prima non mai'”. Pochi altri sono i nomi vengono scelti da Ratzinger in una sorta di ‘pantheon’ dei cattolici che parteciparono agli ultimi 150 anni storia d’Italia. Benedetto XVI li snocciola quando parla degli anni di piombo. “Negli anni dolorosi ed oscuri del terrorismo, poi, i cattolici hanno dato la loro testimonianza di sangue: come non ricordare, tra le varie figure, quelle dell’On. Aldo Moro e del Prof. Vittorio Bachelet?”.
Ska
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