Torniamo, per un momento, al 6 giugno del 2014: al Silvio Piola, il Varese è riuscito a portarsi in vantaggio nel playout di andata con il Novara, grazie a Leonardo Pavoletti, che non si risparmia un secondo. L’attaccante lotta su ogni pallone e all’intervallo rientra nello spogliatoio con i compagni, dove Stefano Bettinelli ha voglia di dare una nuova carica alla squadra, che
sta vincendo 1-0. Ma appena l’allenatore incontra gli occhi di Pavoletti, quasi ci si trova davanti a un quadro familiare, a una scena tra un padre e figlio. Bettinelli si avvicina alla punta di diamante biancorossa per rivolgergli questa raccomandazione: «Leonardo, non puoi correre per tutti i novanta minuti così forte, altrimenti t’ammazzi. Nel secondo tempo ricordati di risparmiare qualche corsa».
Basta questa immagine per far capire chi è davvero Leonardo Pavoletti, che in questa stagione sta facendo meraviglie con il Genoa e ha già segnato dieci gol in 13 partite. Merita di essere convocato in Nazionale ma non solo per questi numeri impressionanti.
Antonio Conte gli deve dare la possibilità di vestire l’azzurro perché, come fa capire l’episodio da cui siamo partiti, Pavoletti è uno che non si risparmia mai e lo sa bene Bettinelli: «In quella partita al Silvio Piola, per noi già decisiva, fui costretto a sostituire Pavoletti intorno al settantesimo minuto e cioè poco dopo il suo raddoppio: l’avevo richiamato in panchina perché stava dando tutto e non volevo fargli perdere troppe energie. Ce ne fossero di giocatori come lui, pronti ad ammazzarsi per la maglia che indossano. Per me è stato un onore poterlo allenare, sia pure solo per quattro partite e in quelle gare Leonardo mi ha dato il massimo, segnando cinque gol per la salvezza del Varese».
Bettinelli era stato chiamato al capezzale di un Varese agonizzante, stroncato nel morale dalle sette sconfitte consecutive che avevano provocato l’inevitabile esonero (il secondo del campionato 2013-2014) di Stefano Sottili: «Al mio arrivo ho trovato una situazione complicata ma un gruppo di giocatori molto disponibile. E Pavoletti non aveva assolutamente la puzza sotto il naso: era lui il bomber della squadra, ma non se la tirava e, anzi, aveva voglia di mettersi a disposizione dei compagni. Del resto è un fuoriclasse». Uno dei pochi attaccanti in grado di sbattersi a tutto campo: «Spesso incontriamo centravanti statici che vanno nell’area di rigore per cercare di buttarla dentro e poi tutto finisce lì. Pavoletti, che ovviamente dà il meglio quando attacca frontalmente la porta, è sempre stato capace di svolgere, oltre alla fase offensiva, quella difensiva. Se ripenso agli anni trascorsi al Varese, comprendendo le mie esperienze da vice di Sannino e poi ancora da collaboratore di Maran, faccio fatica a trovare un cavallo di razza come Leonardo, professionista ineccepibile e di generosità».
Perché non è arrivato subito in alto? «A questa domanda – osserva Bettinelli – si fa fatica a rispondere e non vale solo per lui. Pensiamo, per esempio, a Ante Budimir: l’anno scorso in Germania faceva fatica a fare gol e adesso va fortissimo nel Crotone. Pavoletti ha avuto forse la sfortuna di essere del Sassuolo che puntava su Zaza e Berardi. Era chiuso ma il suo valore era ben evidente».A siglare la trattativa per portare Pavoletti a Varese era stato Mauro Milanese
che nell’estate del 2013 era ancora il direttore sportivo del Varese: «Non ho corteggiato così – confessa l’ex dirigente – neppure la mia fidanzata e il sì per il trasferimento è arrivato all’ultimo minuto dell’ultimo giorno di trattative, quando abbiamo offerto in cambio Pucino. Leonardo è stato intelligente perché invece di stare in panchina a Sassuolo in Serie A ha preferito scendere di categoria per rimettersi in gioco ed ha segnato 24 gol, salvando il Varese. È qui che è esploso».
Milanese insisteva anche per convincere il Varese a fare un investimento deciso ma remunerativo: «Avevo proposto al presidente Laurenza e all’amministratore delegato Montemurro di comprare la metà del cartellino di Pavoletti. Ma entrambi mi avevano risposto che non c’erano soldi. Eppure ne sono stati buttati via tanti, per altre cose inutili. Oggi quanto potrà valere il giocatore? Forse dieci milioni». Un sito specializzato parla di cinque milioni ma il valore è destinato a crescere e se arrivasse in Nazionale lieviterebbe: «Leonardo – conclude Milanese – merita di giocare nell’Italia e poi è più veloce e ha più gamba rispetto a Pellè, su cui punta di solito Conte».