New York, 19 apr. (TMNews) – Il giorno dopo la notizia che ha gettato lo scompiglio nei mercati finanziari, torna un po’ d’ordine a Wall Street e nelle borse europee. Ieri l’allarme dell’agenzia di rating Standard & Poor’s sul debito pubblico americano, con il taglio dell’outlook da stabile a negativo, aveva fatto cadere pesantemente i mercati azionari e portato in alto l’oro. Oggi le borse sono tornate al rialzo, ma l’oro ha toccato un record: segno che le paure di breve periodo sono passate, ma il timore per il futuro no.
A Wall Street, dopo una giornata di rialzi per i mercati europei, il Dow Jones si avvia alla chiusura in rialzo dello 0,4 per cento e il Nasdaq dello 0,2. Il rendimento dei buoni decennali del Tesoro Usa è sceso oggi al 3,35 per cento, segno che i mercati del reddito fisso non scommettono sul disastro imminente dei conti pubblici americani. Ma l’oro ha toccato un nuovo record assoluto superando i 1.500 dollari all’oncia, sospinto invece dalle Cassandre che vedono nel futuro un crollo del dollaro e quindi escono dalla valuta Usa per comprare metalli preziosi.
“Il rating del debito americano sarà certamente abbassato nei prossimi anni. Questo significa costi maggiori per gli Usa per prendere denaro a prestito e un dollaro molto più basso”, ha detto all’agenzia Bloomberg uno dei pessimisti, Michael Pento, economista di Euro Pacific Capital a New York. Pento aveva predetto
correttamente il rialzo-boom dell’oro negli ultimi tre anni, e pensa che non sia finito: “Gli investitori internazionali stanno usando oro e argento come alternativa al dollaro”, processo che secondo l’economista sarà accelerato dalla mossa di S&P. L’oro ha guadagnato il 32 per cento nell’ultimo anno e l’argento è più che raddoppiato.
Di avviso diverso invece una voce ascoltatissima nel mercato dei titoli del debito pubblico: Mohamed el-Erian, amministratore delegato di Pimco, che gestisce il più grande fondo obbligazionario del mondo e si è detto “più ottimista” dopo l’avvertimento di S&P sulla possibilità che la politica trovi un accordo per ridurre il deficit del governo Usa.
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