ROMA – Un’importante sentenza del Tribunale del lavoro di Roma riapre il confronto sui diritti legati alla legge 104, dopo il licenziamento di un dipendente pubblico per assenze ritenute “abusive” ma poi rivelatesi legittime. La vicenda ha suscitato proteste, uno sciopero nazionale e infine una pronuncia che potrebbe fare giurisprudenza.
Un lavoratore, in servizio presso un’azienda pubblica, era stato licenziato con l’accusa di aver usufruito impropriamente dei permessi concessi dalla Legge 104/92, che tutela chi assiste familiari con disabilità. Secondo l’ente datore di lavoro, il dipendente avrebbe fatto un uso strumentale dei permessi, ma l’uomo si è sempre difeso sostenendo che ogni assenza era giustificata e documentata.
In risposta al provvedimento ritenuto ingiusto, diverse sigle sindacali avevano indetto uno sciopero nazionale, denunciando una deriva repressiva nei confronti dei lavoratori che assistono familiari fragili. Il caso era divenuto simbolo delle difficoltà vissute da molti dipendenti nel conciliare impegni lavorativi e responsabilità familiari.
Il giudice del lavoro ha accolto il ricorso del dipendente, ordinando l’immediato reintegro sul posto di lavoro, con risarcimento delle retribuzioni arretrate e piena riabilitazione professionale. Nelle motivazioni, il magistrato ha evidenziato come l’uso dei permessi fosse “coerente con la normativa vigente” e che l’azienda non aveva prodotto prove sufficienti per giustificare il licenziamento.
La decisione del Tribunale rafforza il principio secondo cui i diritti legati all’assistenza di familiari con disabilità non possono essere compressi da interpretazioni arbitrarie delle aziende o degli enti pubblici. Secondo le associazioni dei familiari, si tratta di un verdetto “storico”, che protegge chi ogni giorno si fa carico di compiti di cura spesso invisibili.