VARESE Che Varese non sia l’ombelico del mondo della vita notturna si poteva già immaginare, ma quello che molti giovani hanno messo in rilievo fa riflettere. Il ritratto che ne esce è quello di una città adagiata su se stessa, in cui nulla si trasforma e le offerte sono quelle di sempre. «Varese non è una città, ma villaggio di 100 mila abitanti frequentato, la notte, dai soliti habitué – racconta Andrea Bona, varesino di 28 anni – Non esiste un posto dove poter passare una bella serata; forse per bere qualcosa sì, ma nulla più. Nessuno offre davvero qualcosa di innovativo».
Nel centro città sembrano essere solo due le scelte da fare la sera: «Ci sono i cocktail bar o le vinerie – continua Andrea – Le discoteche sono praticamente assenti. Resistono ancora solo La Fenice e lo Zsa Zsa». Così, ciò che sempre più spesso accade, è che molti ragazzi decidano di allontanarsi e dirigersi verso mete più allettanti, come ad esempio Milano. Ma a volte sembra non serva nemmeno andare troppo lontano: «Già il sud della nostra provincia regala alternative particolari –
racconta il 28enne – Penso a Gallarate ad esempio, che offre senza dubbio un’offerta diversa». In questa sorta di torpore anestetizzante, la Varese della notte sembra essersi arenata a fine anni ’90: «Da allora non sono state più fatte scelte innovative – spiega Andrea – E’ come se l’offerta si fosse adeguata ad una richiesta quasi nulla, finendo così per accogliere la fascia dei ragazzi più giovani e, di fatto, escludendo quelli un po’ più cresciuti». Come se non bastasse, i giovani varesini non si sentono abbastanza ascoltati dall’amministrazione comunale: «Sembra stiano creando dei paesi dormitorio, in cui regna la pace e la tranquillità. Vanno benissimo l’ordine e il controllo, ci mancherebbe, ma si potrebbe certamente fare qualcosa di più per noi – aggiunge – I locali chiudono tutti alle 2 di notte, i mezzi pubblici si fermano alle 23 e non esistono servizi navetta. Ciò significa che tutti noi siamo vincolati all’uso dell’auto». Un problema che nemmeno i taxi riescono ad arginare: «I taxi sono praticamente inesistenti, quando li chiami sono sempre occupati – racconta Jacopo Manghi, varesino di 27 anni – Diventa poi un’impresa disperata quando i ragazzi si accorgono che ci sono appostamenti della polizia in piazza Monte Grappa o nelle vicinanze. Il passaparola è istantaneo e i taxi diventano merce rara». Essere costretti a prendere l’auto nel week end è più di un semplice peso: «Così si è costretti a fare a turno per non bere alcol – precisa Eneida Pepa – Se si potesse avere dei pullman o servizi affini come accade in moltissime città all’estero, sarebbe perfetto». E poi precisa: «Tutto questo non rende certo Varese una vera città universitaria come, d’altra parte, è. I locali sono troppo costosi e, anche per questo, spesso si decide di andare altrove». Verso Milano o quei locali del sud della provincia che, nel derby della movida nostrana, battono di gran lunga le proposte varesine.
Benedetta Magistrali
e.marletta
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