Dopo essersi illuso di potere darsi liberamente alle spese pazze, il Varese è sceso sulla terra tornando a essere il Borgorosso di Beppe Sannino e Sean Sogliano.
Prima squadra: costi -30%
Nicola Laurenza sa di avere poche risorse su cui contare – gli sponsor continuano a latitare ed eventuali nuovi soci tardano sempre a farsi vivi – e parla della vera ricchezza del Varese: i giovani.
È vero che sono state tagliate anche spese relative al settore giovanile ma in misura minore rispetto alla prima squadra che ha subito un ridimensionamento del 30 per cento.
Il mercato è stato fatto con zero euro e ora ci sono due obiettivi vitali: salvarsi sul campo e aprire un ciclo virtuoso che possa garantire una corretta gestione delle risorse economiche.
Laurenza vuole evitare i debiti e ieri si è impegnato a saldare le pendenze con gli steward. Il pensiero del presidente è però tutto fissato sui giovani: «I nostri ragazzi devono giocare il più possibile e il vivaio va incrementato. I tifosi hanno venduto circa cinquemila biglietti della loro lotteria a nostro favore e quando ci consegneranno i diecimila euro raccolti non avremo dubbi su come investire: metteremo i soldi nel settore giovanile».
Una goccia che, insieme ad altre gocce, possono fare il mare. I limiti imposti da una severa politica di austerità, necessaria a mantenere sano il bilancio e a far quadrare i conti, sono ben evidenti all’interno del clan varesino. Ma nessuno si lamenta. E, anzi, si fa fronte comune davanti a ogni piccolo problema o alle contrarietà che si presentano lungo il cammino.
Come accadeva ai tempi di Sogliano e Sannino, quando, ad esempio, capitava di cambiare campo di allenamento tutti i giorni e di lavorare su terreni dove l’erba era così alta da arrivare sopra le caviglie. Nessuno osava esprimere il proprio disappunto ma si correva a occhi chiusi, comunque e a pieni polmoni.
Se i ragazzi di Sannino sapevano correre prima di tutto con il cuore, oltre che con le gambe, quelli di Stefano Bettinelli sentono la maglia biancorossa appiccicata alla propria pelle e sono disposti a ogni sacrificio pur di fare il bene del Varese.
Tanti biancorossi – come Lupoli e Blasi – hanno deciso di abbassarsi lo stipendio e Luoni è tornato al volo accettando subito la proposta senza stare a contrattare sul prezzo.
Neto Pereira è la stella della squadra ma il suo è un ingaggio normalissimo, senza troppe pretese, Petkovic vive in un bed and breakfast e Bettinelli torna sempre a casa a mangiare. Gesti normali ma non troppo nel mondo dorato del calcio in cui la pretesa e l’eccesso sembrano essere le priorità di ogni calciatore.
A Varese non si naviga nell’oro e quelle che per qualcuno possono essere difficoltà non lo sono per Bettinelli e per il suo gruppo unico. A dirlo è proprio il tecnico: «Le difficoltà? Non esistono. Quando sono entrato nello spogliatoio e ho guardato negli occhi i ragazzi, quando li ho visti entrare in campo per la prima volta ho ricevuto solo sensazioni positive e forti. Sono strafelice di avere questa squadra e sono sicuro che farà un ottimo lavoro. Non la cambierei con nessun’altra».
Bettinelli porterà in alto il Varese perché ha fatto capire un concetto fondamentale ai suoi: «Qualunque cosa abbiamo raggiunto e conquistato non è eterna e ci può essere tolta in qualsiasi momento, soprattutto in un mondo come il calcio in cui non si guarda in faccia a nessuno.
Se vogliamo una cosa dobbiamo lottare tutti i santi giorni per averla e se crediamo ciecamente in noi stessi alla fine otterremo ciò che desideriamo.
Guai poi a compromessi: io non l’ho fatto e sono rimasto sempre me stesso eppure sono riuscito a realizzare il mio sogno. Se rimani te stesso è più facile ottenere risultati positivi».
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