VARESE C’è un piccolo gioiello in cima al Campo dei Fiori di cui pochi si sono accorti e, tra quei pochi, quasi tutti si sono dimenticati.
È una cappella completamente decorata con fregi e dipinti ben conservati anche se, a livello strutturale, in gran parte è stata devastata sia dal tempo che dai vandali.
Si trova all’interno di un edificio liberty risalente agli anni Venti e abbandonato tra gli anni Cinquanta e Sessanta, la ex colonia Magnaghi. Per quanto l’architettura degli esterni lasci ancora immaginare lo splendore dei tempi andati, oggi definirlo fatiscente sarebbe un eufemismo.
Eppure, tra un’occupazione abusiva, un vandalismo e un pezzo di pavimento crollato, c’è una piccola porzione interna dell’edificio, la cappelletta appunto, capace ancora di far sgranare gli occhi a chi per caso ci butta uno sguardo. Di certo si finisce subito col naso all’insù attirati dal cielo stellato dipinto sul soffitto, anche se dall’altra parte c’è l’altare strappato via chissà quando e chissà da chi a calamitarsi addosso l’attenzione.
Chi l’abbia dipinta, non si sa. E a chiedere in giro, sono in parecchi a non sapere nemmeno che là sopra esista questa piccola cappella. «Non lo sapevo – ammette il parroco del Sacro Monte, don Angelo Corno – ma se è privata non si può fare niente, non possiamo neanche dire di recuperarla». Nemmeno l’ex presidente di circoscrizione Massimo Realini, ora consigliere comunale, ha mai visto il gioiellino liberty.
«Sinceramente non sono mai entrato nell’ex colonia, ma come tutte le strutture liberty del Sacro Monte meriterebbe di essere recuperata per intero. Come per l’albergo il problema sono i costi, e prima di fare un investimento di centinaia di migliaia di euro bisogna avere un progetto per portarci la gente».
Si sa per certo comunque che la ex colonia sul fronte porta scritto “1938” ma risale in realtà al decennio precedente. Era stata costruita sul finire degli anni Venti dalla “Società anonima dei grandi alberghi varesini”, costituita nel 1907, per farla diventare una pensione destinata ai numerosi villeggianti milanesi.
È stata acquisita pochi anni dopo da Siro Magnaghi, un ingegnere, che l’aveva trasformata in una colonia montana, ma è finita in rovina abbandonata a se stessa fino agli anni Settanta, quando è stata rilevata dal centro Gulliver. Solo molto più tardi, poco meno di una decina di anni fa, il centro varesino che tutt’oggi ne risulta proprietario ha presentato un progetto per recuperare edificio e annessa cappella.
«Quando siamo diventati proprietari di quell’immobile la cappella era già stata devastata», racconta don Michele Barban del centro Gulliver, «quel posto ne ha passate di tutti i colori per opera di gruppi più e meno politicizzati dell’epoca». L’intenzione di sistemarla a dovere e di recuperare la bellezza perduta in realtà c’è sempre stata, come assicura don Barban, ma oltre al progetto, che pure costa, per arrivare al dunque ci vogliono i soldi per realizzarlo.
«Il progetto c’è già – spiega – e tre anni fa avevamo avuto anche la concessione edilizia, ma poi è scaduta e non siamo andati avanti. Non c’erano i soldi per procedere». Ora invece pare si siano trovati, e infatti l’intenzione è di presentare di nuovo lo stesso progetto. «Penso che ne potremo parlare a breve, anticipo che dovrebbe essere un edificio usato a scopo sociale ma con una vocazione turistica».
Il nome con cui viene indicato nel progetto è “Accademia del gioco”, e non sarà un luogo destinato specificamente ai bambini.
f.tonghini
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