«Varese non la dimentico più. E che bella la “Macamorena”…»

Basket - Ieri l’indimenticabile Mimmo Morena ha annunciato il suo addio alla pallacanestro

Ci perdoni, sua maestà Kobe Bryant, ma quella di ieri per noi è stata una giornata molto triste. Come dice? No, ok, lo sappiamo che proprio ieri notte lei ha giocato la sua ultima partita, certo… E’ che noi, ecco, saremmo un po’ giù per un’altra ragione: sa com’è… si è ritirato Mimmo Morena.Il dialogo è immaginario, la tristezza – la nostalgia, meglio – è reale: Mimmo ha detto basta. Lo ha fatto a 46 anni, a Ostuni, dopo un’esistenza intera scandita dai rimbalzi di un’arancia: 6 lustri di basket, decenni in serie A, una parentesi indimenticabile (due anni) a Varese e per Varese, affezionata quasi più all’uomo che al giocatore. Ci mancheranno le sue triple. Ci mancherà lui.

Diciamo che al 99% le scarpe le ho appoggiate. Prima o poi doveva capitare. Purtroppo non faccio il cantante che può andare avanti a fare il suo lavoro fino a 90 anni: la carta d’identità si sta facendo sentire. È una decisione maturata nelle ultime domeniche, dopo la vittoria contro la prima in classifica e la bellissima salvezza conquistata nel campionato di C pugliese: volevo finire alla grande e così sarà.

E’ stata la mia vita e mi resterà dentro tutto. Tutti gli allenatori che ho avuto, le società con cui ho giocato, i compagni di squadra… tutto. Tutto dentro. Ho deciso che presto scriverò una lettera per ringraziare chiunque io abbia incontrato nella mia carriera e per chiedere scusa dei momenti in cui non mi sono comportato in maniera ineccepibile. Non voglio dimenticare nessuno, compresa Varese.

Giocarci, per me, è stato come toccare il cielo con un dito. Non voglio fare torto a nessuna società, perché sono state tutte ugualmente importanti, ma da voi ho avuto la possibilità di far parte del club più prestigioso d’Italia. Dopo Napoli, la mia città e la squadra con cui ho alzato da capitano la Coppa Italia, non può che venire Varese: mi ha fatto conoscere l’Europa.

Il coro più bello in assoluto della mia carriera… Ho un ricordo stupendo della curva e del resto del palazzetto. Ma d’altronde tutta l’esperienza varesina rimane indelebile. Arrivai nel 1995, scelto da Toni Cappellari. La prima cosa che Toto Bulgheroni mi disse quando mi vide fu: «Sono contento di avere un po’ di verve napoletana nella mia squadra». Indimenticabile… Rinunciai persino al viaggio di nozze per venire lì e il mio primo figlio è stato concepito proprio a Varese. Infine ho ancora tanti legami in città: Patti Pirola, Samuele Martinenghi, Gianni Chiapparo, la stessa famiglia Bulgheroni.

Come no… E penso che tra mille difficoltà non sia un’annata da buttare, anche se il pubblico di Varese – che io conosco bene – è molto esigente. Paolo Moretti, che ho avuto come compagno in nazionale – e Stefano Vanoncini secondo me hanno fatto un lavoro notevole.

Già da tempo sto lavorando nel campo del turismo, facilitato dal fatto di conoscere bene inglese e tedesco. Collaboro con un tour operator nord americano che organizza giri in bicicletta della Puglia.

Macché! Intanto da anni alleno i bambini e voglio continuare a farlo. E poi giocherò ancora con la nazionale over 45, con cui ho iniziato il Natale scorso.

Prego.

Un tiro da tre, che domande! È stata la mia specialità. Ora tutti i lunghi tirano da fuori, ma io sono stato il primo. E lo devo a Mirko Novosel, che allenò Napoli dal 1988 al 1990. All’epoca, una volta conclusi gli allenamenti, mi cimentavo nelle gare da tre punti insieme ai miei compagni e devo dire che tenevo testa anche alle guardie. Il coach, dopo un po’, mi prese da parte e mi chiese di giocare fronte a canestro anche durante le partite. Non ho più smesso».