L’arrivo del direttore sportivo Spartaco Landini (l’acquisto migliore del Varese: complimenti a chi l’ha scelto) ha avuto l’effetto di un’onda del mare o di una nuvola che corre nel cielo: ci siamo fermati tutti a guardare quell’onda e siamo saliti insieme sulla stessa nuvola. È come se ora un respiro profondo racchiudesse il respiro di tutti. È bastata un po’ di saggezza calcistica e di serenità, dietro quello sguardo finto-severo di Spartaco, in realtà cuore d’oro capace di convincerti della cosa giusta con parole e gesti leggeri, per dare al gruppo e all’ambiente la sensazione di non essere solo a combattere questa guerra. Mancava l’ombelico del mondo (biancorosso), ora c’è.
«Il viaggio di ritorno da Catania a Varese è stato il più bello della mia vita – racconta il dirigente che ha avuto il merito d’imporre il principio dell’onestà in una società che negli ultimi anni ha scelto spesso di fidarsi e andare a fondo con le persone sbagliate, o di non dire tutta la verità a squadra e tifosi – perché i tifosi della curva applaudivano e sostenevano i giocatori come se avessero vinto. Indimenticabile».
Al Varese siamo fatti così: se muori e dai tutto, moriamo e diamo tutto con te. Se non vuoi o non riesci a farlo, ci pensiamo noi a “convincerti”: al diavolo il buonismo e il bon ton, la forza di questo pubblico e di quest’ambiente è la scorza dura, ruvida, schietta e sincera. È la capacità di stupire ed immolarsi in silenzio, senza chiedere nulla in cambio se non la stessa voglia d’immolarsi a giocatori e dirigenti.
Guai a chi rovinasse quest’unione d’intenti magica e sottile, creatasi quasi d’incanto nelle ultime settimane: basta staccare un filo, a volte, per cadere dal filo del rasoio su cui stai camminando.
Basta poco, al Franco Ossola, per ribaltare il pronostico. Come quello (non il nostro) che ci vuole perdenti nelle grandi sfide senza il piede magico del Pibe Zecchin.
Oggi basterà ascoltare il coro assordante dei trecento perugini per esaltare il fattore campo e l’orgoglio biancorosso. Basterà pensare a mamma Licia. Torna nello stadio che da un anno è diventato la sua famiglia: si merita di vivere la gioia più bella. E noi possiamo regalargliela, mostrando cosa possono fare uno stadio e una squadra quando scendono in campo con la forza e il coraggio di una mamma. La mamma del Varese, la mamma che tutti vorremmo: Licia.