VARESE È inevitabile che tra Varese e Venezia, club storici della pallacanestro italiana, corra più di un fil rouge degno d’essere srotolato. La partita di domenica sarà anche l’occasione per tributare un grato pensiero a un protagonista della storia di entrambe le società: Enrico Garbosi, di cui lo scorso 6 gennaio ricorreva il 40° della morte. Il popolare Rico è stato un amato pioniere sia sotto il Sacro Monte che in Laguna.
Alle nostre latitudini il suo nome sarà legato in eterno agli albori della palla al cesto cittadina: Rico giocava e allenava quando, nel 1945, cominciò l’avventura in serie B; allenava e basta (dici poco?) quando, nel 1961, la Ignis vinse il primo storico scudetto dopo un breve apprendistato.
Nel mentre, pescando tra le sue infinite risorse, a cominciare dalla passione, aveva trovato tempo e modo di guidare squadre maschili (Omegna) e femminili (quattro scudetti con la Comense: qui conobbe Myriam, che divenne sua moglie e ancora oggi segue con trasporto le vicende di Varese dal parterre) e persino la nazionale donne. Fu Giovanni Borghi in persona a volerlo in panchina, nel 1956: dopo alcuni piazzamenti la scalata si completò col primo tricolore, festeggiato nella palestra dei pompieri di via XXV Aprile. Poi passò alla Robur, vivaio doc in cui dispensò perle di saggezza cestistica, e a Milano.
Ma Garbosi è legato anche all’esplosione del basket a Venezia, la sua città natale. C’è la sua firma sugli unici due scudetti della gloriosa Reyer, eroici perché irripetuti e anche perché vinti in piena guerra. Correvano gli anni 1942 e 1943, si giocava nella leggendaria palestra della Misericordia, ambientazione unica al mondo: un edificio cinquecentesco simile a una chiesa, concepito per una confraternita a sfondo religioso, il cui salone capitolare al primo piano fu convertito felicemente allo sport con incredibili tribune da 1.500 spettatori.
La palestra dei pompieri di Casbeno e la Misericordia di Cannaregio, templi del basket che fu, dovrebbero essere meta di pellegrinaggio obbligato per i fedeli della palla a spicchi d’ogni latitudine.
Garbosi era un faro di quella Reyer, squadrone che senza la guerra avrebbe scritto un’epopea. Vinse infatti anche il campionato 1944, che però, azzoppato dalla tragedia bellica in un’Italia spezzata in due, non fu mai omologato.
E nel ’46, alla ripresa dell’attività – senza Garbosi, trasferitosi a Varese come allenatore-giocatore – perse 35-31 lo spareggio scudetto di Viareggio con la Virtus Bologna. Rico poi tornò brevemente alla Misericordia da coach, nel ’55.
Garbosi è stato un maestro di basket, di sport e di vita: a lui è dedicato il torneo giovanile che ogni anno, a Pasqua, richiama al PalaWhirlpool migliaia di ragazzini da tutta Europa. Domenica, alla palla a due, almeno per un istante il pensiero di tutti vada al grande Rico.
Stefano Affolti
a.confalonieri
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