Fa il miracolo, ma becca l’1-1 sulla ribattuta. Rimane un po’ sorpreso sul tiro-cross del 4-2: ha colpe? Ni.
Interpreta un ruolo non suo da “cagnaccio”, aggressivo e intraprendente. Non ha paura di sbagliare nonostante sappia che, se gli andassero via, sarebbero dolori.
Stavolta “solo” 6 perché su quella ribattuta dell’1-1 ci dovevano arrivare lui o Viscomi.
Nel Varese che prende due gol, più di 6 ai centrali non lo diamo: soprattutto sul 4-2 avrebbe dovuto uscire e lasciare in fuorigioco la punta che dato l’assist vincente.
La fascia è sua, e un giorno sarà sua anche quella sul braccio: è il destino dei terzini del Varese.
Un giovane bravo lo vedi anche perché non è sempre sull’altalena ma riesce a fare pure partite normali, non in prima linea ma in trincea.
Geometrie e tempi, lui rischia sempre perché sa che con quei lanci e con quella capacità di giocare per vincere, mai sparagnino (infatti becchiamo il 4-2), comunque il Varese fa un gol più dell’avversario. I suoi lanci ricordano quelli di Buba.
Due gol, un rigore provocato, continuità, positività, mentalità offensiva: cerca sempre la porta (Lercara, fai come lui), ma mai lezioso per la giocata fine a se stessa. O fa gol o la dà al compagno smarcato.
Chi dice che è innamorato della palla per bocciarlo dice un’ovvietà perché di solito quel dribbling insistito porta sempre a un pericolo o a un gol, ma non ieri: gli è mancato sempre l’ultimo passo o passaggio.
Come la maglia che indossa, come la sua essenza. Senza un gol così – l’ha pensato, l’ha voluto e l’ha realizzato – in quel momento di sofferenza sull’1-1, non sappiamo se il Varese avrebbe vinto. Se lo vedono in serie A o in B, è la rete della settimana. Anche nelle cose banali, tocca il pallone come un vero numero 10. Classe, assist, gol, tocchi di prima: superiore per distacco.
Un leone che non trova la zampata.
Dal gol in coppa Italia, si è sbloccato.
Entra assatanato.