Oggi alle 16 la sua Triestina si gioca la permanenza in Serie D: finale playout del girone C, gara secca al “Nereo Rocco” contro la Liventina (gli alabardati hanno a disposizione due risultati su tre).
Partita per cuori forti, dunque adatta a uno come , da sempre a proprio agio quando c’è da impugnare la spada e combattere.
Che è successo?
Dipende dalle capacità e dalle qualità morali delle persone che avrebbero dovuto subentrare. Certo, a volte è necessario modificare la situazione esistente, non per il gusto di mandare via chi c’è già, ma per raggiungere un equilibrio economico, soprattutto quando si sale di categoria e aumentano i costi. Faccio un esempio: se un nuovo responsabile commerciale mi porta il doppio degli sponsor dell’anno precedente, mi spiace per chi c’era prima, ma si cambia. Parlo in generale, sia chiaro, senza fare riferimenti al caso specifico.
Lo è sempre, soprattutto in provincia, dove non tutti hanno la fortuna di trovare uno Squinzi che ti porta in Serie A e fa lo stadio nuovo. Sarebbe bello che tutta la città aiutasse la squadra, ognuno in base alle proprie possibilità, piccole o grandi che siano. Il Varese è di tutti, al di là delle disponibilità economiche e delle classi sociali. Chiunque può fare qualcosa per il Varese.
Eh, sarebbe bellissimo. Devo dire la verità: quando guardo Genoa-Atalanta e vedo da una parte Pavoletti e dall’altra Kurtic, beh faccio fatica a non emozionarmi.
Come quando vedo Lazaar, stessa cosa. Sono contento per Leo, se lo merita. È un ragazzo che non molla mai, sempre positivo, grintoso, un trascinatore. Fa parte di quella categoria di giocatori moderni che si fanno preferire a compagni magari più dotati tecnicamente, ma penalizzati da limiti caratteriali.
Prima di venire al Varese non aveva mai segnato in B caterve di gol. Da noi è esploso, realizzando 24 reti e salvando praticamente da solo la squadra ai playout contro il Novara. La Serie A non gliel’ha regalata nessuno: se l’è conquistata con i fatti.
Anche lì è stato bello vedere diversi ex ragazzi del Varese come Barberis, Capezzi, Di Roberto, fare grandi cose e vincere il campionato. Ecco, il Varese deve tornare a essere una grande rampa di lancio per giocatori di valore. Questi piccoli gladiatori che partono da Varese e poi vincono i campionati di B o arrivano in Nazionale, sono lì a testimoniarlo.
I varesini saranno contenti…(ride). Battute a parte, un po’ mi dispiace per una piazza come Modena, che ha un bello stadio e una lunga tradizione in B.
Ma un’annata storta ogni tanto può capitare. La retrocessione del Como neopromosso poteva anche essere messa in preventivo. Quelle del Modena e del Livorno decisamente no, sono state sorprendenti.
È stata un’annata difficile. La società ha rischiato di fallire, poi c’è stata l’asta, e il 12 aprile siamo subentrati noi, ma purtroppo era troppo tardi – col mercato ormai chiuso – per intervenire su una squadra smembrata e indebolita dalla precedente gestione. Abbiamo cercato di compensare le carenze tecniche con i valori morali, il cuore, l’agonismo. Oggi comunque sarà dura.
E giocheremo in casa, davanti a quattro-cinquemila persone. Ma è una gara che nasconde tante insidie. Dobbiamo comunque giocare per vincere, perché chi scende in campo per gestire il pareggio e far passare il tempo, si cerca le rogne.
Ogni volta che Varese mi chiederà di fare qualcosa per aiutare gli altri, io ci sarò sempre. Ho scelto di dare la maglia del Parma: credo che nell’anno della ripartenza dalla Serie D abbia un significato particolare. Quando l’ho vestita io era il Parma di Buffon, Thuram, Cannavaro, con Ancelotti allenatore. So che, tra le maglie messe all’asta in ricordo di Erika, alcune sono milioni di volte più importanti della mia, ma il mio piccolo contributo l’ho voluto dare. E l’ho fatto col cuore. n