«Varese stile di vita. Da 80 ragazzi a 200. Giocatori, genitori, tifosi e bimbi uniti»

Intervista a Cosimo Bufano, responsabile della scuola calcio biancorossa

Sono gli uomini come Cosimo Bufano che fanno grande il Varese.

Perché il Varese è appena rinato e il primo gradino concesso dalla Federazione si chiama «centro calcistico di base». Ma cambia poco e l’anno prossimo avremo ancora la «scuola calcio», mentre nelle stagioni successive punteremo alla «scuola calcio qualificata», che deve disporre di tante strutture e tanti professionisti, compresi gli psicologi, non dimenticandosi corsi e progetti per disabili. Ma noi siamo già organizzati in questo senso e Varesello ci darà una mano nell’accogliere una sempre più ampia gamma di bambini.

Sto frequentando il corso Uefa C a Milano: quello per i coordinatori tecnici delle scuole calcio e fino agli Allievi professionisti, in pratica per il settore giovanile. Bisogna proprio correre quando si devono allenare i ragazzi del 2006 e coordinare le attività delle altre squadre: per riuscire a fare tutto strappo tempo alla famiglia e faccio le ore piccole. Però da solo non andrei da nessuna parte e sono fortunatissimo perché con me lavorano due ottimi professionisti: Paola Florio e Federico Fumagalli, entrambi laureati in Scienze Motorie e ricchi di competenze e umanità.

Otto anni fa gli smartphone non erano così popolari e andare su Internet non era dunque semplice stando fuori casa. Io ero stato assunto in una scuola secondaria di primo grado a Varese e il primo giorno che arrivai in città chiamai subito mia mamma, chiedendole di fare una ricerca online per darmi l’indirizzo di una buona scuola calcio. Fu così che mi presentai al Franco Ossola dove incontrai subito Carmignani, che faceva il vice di Lorenzini in prima squadra. Parlai anche con il segretario Lazzarini e con il presidente della scuola calcio Morini: fui preso e potei continuare ad avere lo sfogo pomeridiano che avevo anche nella mia città, Battipaglia in provincia di Salerno, e cioè stare sul campo ad allenare.

Certamente. È cresciuto come me nella migliore scuola calcio di Battipaglia: la Spes.

Io e tutti i miei colleghi biancorossi eravamo profondamente turbati ma abbiamo solo pensato a lavorare tanto e tanto. Con Paola e Federica non abbiamo mai mollato. E adesso continueremo a lavorare in silenzio mettendoci al servizio della società per il bene del Varese, che è una grande famiglia.

Sono stati i genitori a darci la spinta. Ci mandavano i messaggini: «Non mollate», «Restiamo uniti». Abbiamo avuto la forza per andare avanti. All’inizio del campionato avevamo 80 ragazzi e adesso sono duecento. Siamo contentissimi. E i cosiddetti “cavalli di ritorno”, cioè i giocatori che avevano pensato di andare altrove ma adesso fanno di tutto per rientrare a casa, fanno capire quanto sia bello e autorevole il nostro progetto.

Il Varese è molto di più di una società. È una famiglia ma forse è molto di più di questo. Sì: il Varese è uno stile di vita. Per capirlo devi starci dentro. Domenica scorsa abbiamo ricordato l’anniversario della scomparsa del nostro piccolo Martino Colombo, morto a sei anni con il papà e il fratello. La giornata in sua memoria è la testimonianza evidente di che cosa voglia dire il Varese: giocatori, tifosi, ultrà, dirigenti, genitori e bambini, mischiati tutti sullo stesso campo. Martino è il nostro angelo.

È unico in Italia ed è stato creato dal “Maestro” Marco Caccianiga, insieme a Federico Fumagalli che è l’attuale responsabile. Stimola il senso percettivo e i movimenti di base dei bambini che hanno dai tre ai cinque anni. È, come la scuola calcio del resto, una oasi protetta, in cui la partita è innanzitutto un momento festa, senza l’esasperazione del risultato a tutti i costi.

Giuseppe Papa, un grande. Nessuno può definirlo anziano, anzi è il più giovane di noi che vorremmo davvero avere la stessa energia quando raggiungeremo la sua età. Arriva ogni giorno in treno da Vedano e poi prende il pullman per venire allo stadio. È uno dei pochi veri addestratori di calcio in Italia: sa insegnare ai ragazzi come devono mettere il piede per trattare la palla. È un maestro e so che era anche molto apprezzato da Beppe Sannino, tecnico a cui sono legato anch’io.

Ha avuto la capacità di trasmettere a tutta la città un entusiasmo fuori dal comune. Quando allenava la prima squadra sul campo in sintetico dietro alla tribuna, spesso lasciava l’allenamento per venire nella piccola “gabbietta” dove io e i miei bambini giocavamo. Lui si divertiva con noi e intanto i suoi biancorossi non perdevano intensità ma continuavano a lavorare da veri professionisti. Sono convinto che Sannino tornerà ad allenare il Varese e contribuirà a portare avanti il nostro progetto.

A fare in modo che la nostra scuola calcio sia la parte sana del calcio, impegnata eticamente e filosoficamente. Da noi si cresce bene, come sa chi è partito da qui ed è arrivato in Serie A, anche sotto il profilo umano.