VARESE Il comandante della polizia locale spiato dai colleghi, che si sono fatti aiutare da un esperto, anche lui dipendente comunale. La vicenda che ha coinvolto il comandante Antonio Lotito è esplosa nel marzo 2008 e rivelò un clima velenoso all’interno del comando di polizia locale. Ora tutto si sta finalmente avviando verso la conclusione. I due vigili Fabrizio Mondo e Marinella Cassia, assistiti dagli avvocati Andrea e Renato Prestinoni e il tecnico Gianni Giacomini (che ha invece nominato Paolo Bossi) sono stati infatti rinviati a giudizio ieri, e la prima udienza del processo sarà mercoledì 11 gennaio 2012.Nel 2008 i tre imputati erano stati colti praticamente sul fatto e hanno subito confessato. Le indagini erano partite in seguito ad un esposto dello stesso Lotito, che aveva notato come qualcuno, all’interno del comando di via Sempione, conoscesse in anticipo le sue mosse. Prima dell’esposto, Lotito aveva fatto eseguire in via riservata una bonifica sommaria del proprio ufficio, scoprendo delle interferenze nell’impianto elettrico: la Squadra Mobile di Varese, in seguito a perquisizioni ed intercettazioni ambientali, aveva poi individuato la cimice, piazzata da oltre un anno nell’ufficio del comandante, e chi l’aveva utilizzata.I motivi dello spionaggio non sono mai stati chiariti: si è parlato soprattutto di contrasti sindacali, poi di tentativi di ricatto. Una delle
prime motivazioni, data dagli stessi indagati, è stata la necessità di monitorare le mosse del comandante, perché Mondo e Cassia temevano un trasferimento durante un necessario riordino del servizio. Soprattutto, però, è venuto alla luce come nel comando di via Sempione si respirasse da tempo un clima pesantissimo, in un “tutti contro tutti” che ha portato a queste clamorose conseguenze. L’unica solidarietà pare essere scattata tra i tre dipendenti comunali: i due agenti di polizia locale hanno contattato l’amico elettrotecnico, che in passato era stato anche ingaggiato dalla Procura proprio come esperto installatore di microspie per intercettazioni. Giacomini appena accusato ha subito dichiarato al pm Domenico Novara (a cui è succeduto come titolare dell’inchiesta Agostino Abate, ieri in aula) di essere conscio del proprio errore. Anche Mondo e Cassia hanno poi dichiarato di aver seguito un metodo non corretto per evitare conseguenze peggiori, come il temuto trasferimento. Giacomini aveva avvertito i due agenti della posta in gioco, ma poi li aveva aiutati ugualmente. Il rischio che corrono i tre imputati va al di là del carcere: se venissero condannati, infatti, il datore di lavoro (quindi il Comune) potrebbe decidere di licenziarli. Un problema non da poco, anche perché non sono molti gli anni che separano i due agenti e l’elettrotecnico dalla pensione.
s.bartolini
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