E’ stata la domenica dei saluti. Con Giannone che ha voluto regalare tre gol prima di partire per altri lidi e con Vavassori che ha ufficializzato il suo addio da Busto dicendo: «oggi starò fuori e non so se rientrerò allo Speroni». Ognuno col suo stile: il primo coi piedi che parlano, il secondo con la lingua sempre tagliente.
Quasi che si fossero messi d’accordo nella domenica più bella della Pro Patria. Nella domenica in cui era forte il rischio di avere nella testa le tensioni per lo sciopero del tifo annunciato in settimana oltre che per l’emergenza con la quale ha dovuto convivere l’allenatore Colombo. Un addio dopo oltre novanta minuti giocati con un incredibile intensità dai ragazzi di Colombo in cui ognuno ha fatto il suo il vecchio adagio del “uno per tutti, tutti per uno”.
La Pro ha giocato da squadra: si è mossa compatta come una falange romana, senza mai permettere agli avversari di trovare spazi o d’infiltrarsi tra le linee. Andando addirittura a costruire la propria difensiva sulla trequarti per tenere lontani i pericoli. Una scelta coraggiosa, ma efficace se si pensa che l’età di tutti e quattro i difensori messi assieme superava di poco gli ottantenni. Ciò ha permesso a Giannone di giocare più palloni dando sfogo alla sua ispirazione e segnando la sua prima tripletta della carriera. Con un pizzico di fortuna il bottino sarebbe stato anche più ricco.
Ma le emozioni non sono finite col triplice fischio del bravo Verdenelli. In sala stampa Vavassori si è preso la scena: ufficializzando quello che era nell’aria, ovvero il suo addio alla Pro Patria. Lo ha fatto puntando il dito contro la città, nella quale «mi è stato impossibile fare calcio come io ed i miei collaboratori, ai quali va il ringraziamento, intendiamo. E mi riferisco anche a chi mi ha sempre osteggiato, fin dal giorno in cui ho salvato la Pro Patria, raccontando cose non vere. Solo falsità. Ora tocca a me rimanere fuori e proprio non ho compreso quello striscione che parlava del mio portafoglio.
Peccato perché si sarebbe potuto costruire qualcosa d’importante e nessuno dica che non si sapeva che me ne sarei andato dalla Pro Patria. Perché lo dichiarai nel luglio scorso quando parlai del mio ultimo anno».
E l’addio del patron certifica la fine del mercato di gennaio:«Mi pare evidente soprattutto dopo l’inutile protesta fatta oggi nei miei confronti. Davvero, non l’ho capita».
La domenica si chiude con due certezze. La prima: quella di una squadra che è lievitata prima di tutto sotto il profilo caratteriale. Lo aveva già fatto vedere nel secondo tempo di Cremona, lo ha ribadito contro la Pro Vercelli, lo ha urlato contro il Savona. La sua bestia nera che invece ha saputo domare. Prendendola per le corna come fa la gente di carattere, la gente che lascia a casa le paure e mette davanti la propria energia ed il proprio talento.
Al netto delle vicende societarie che però alla lunga potrebbero pesare, la banda di Colombo lascia sperare in un buon girone di ritorno. Così come questi mesi potrebbero essere importanti per la storia della Pro Patria.
«Ne ho sentite e lette di tutti i colori – chiosa il patron – ma finora nessuno si è fatto avanti. Stavolta, però, prima di trattare, voglio vedere la fidejussione da seicentomila euro perché, da quello che si sente in giro, la Pro Patria non ha bisogno di gente che ritorna dopo aver fatto danni. Ma di qualcuno che possa darle un futuro».
Busto Arsizio
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