«Vi racconto Fellini e Visconti» La diva Cortese ritorna sul palco

VARESE Non è un caso che Valentina Cortese salga sul piccolo palcoscenico del “teatrino di via Sacco” per raccontare di sé e illustrare con la sua inimitabile voce le pagine dell’autobiografia “Quanti sono i domani passati”, ospite del Festival del Racconto e intervistata da Antonio Zanoletti, suo collega del Piccolo Teatro, e da me (domani, ore 21, ingresso libero).Non è un caso, perché il teatrino è intitolato a Gianni Santuccio – «Quando in vena il più bravo attore del mondo e ogni tanto svogliato», sono parole di Valentina – peraltro mai commemorato a Varese lo scorso anno, in occasione del centenario della nascita.Un altro segno della città che decade, e del disinteresse ormai cronico della politica nei confronti di storia e cultura appena difformi dagli schemi di partito, lo stesso che ha portato al rifiuto, da parte del comune, di offrire la cittadinanza onoraria a Valentina Cortese (motivazione: «Non ha avuto sufficienti rapporti con Varese»), ultima diva del nostro teatro, donna che a quasi novant’anni difende ancora con coraggio le sue scelte, a volte impopolari, altre dannose a sé stessa, ma sempre decise con mano ferma e cuore saldo. La “Valucc”, nata in campagna nel cremonese, cresciuta da una famiglia di contadini dopo l’affido da parte della madre,

attenta soltanto alla carriera di concertista, come Tosca può di dire di vivere «d’arte e d’amore», tanti sono stati i suoi successi in Italia e a Hollywood, e gli innamoramenti folli per uomini di genio come Victor De Sabata, superbo direttore d’orchestra di trent’anni più anziano, conosciuto diciassettenne a Stresa, e Giorgio Strehler, con cui divise casa e trionfi al Piccolo.Cos’ha da raccontare Valentina a una città come la nostra, ai giovani e agli anziani come lei, cosa rappresenta questa signora sempre vestita con toni pastello, maniaca dei dettagli, dall’immancabile foulard di seta, gli occhi smeraldini che si accendono nel ricordare il sogno? Il teatro, quello con la maiuscola, fatto di sacrifici immensi e immense gioie, del profumo delle tavole del palcoscenico, della tensione spasmodica del minuto prima di entrare in scena, degli incontri con attori e registi, con uomini indimenticabili come Paolo Grassi e Luchino Visconti.Il cinema, di Cinecittà come di Hollywood, Antonioni e Fellini «che veniva a casa mia, chiedeva se Francesca, la mia cuoca, avesse preparato i piccioni ripieni, li mangiava e spariva», la sua candidatura all’Oscar per “Effetto notte”, di Truffaut. Se è poco o tanto soltanto lei può dirlo, a noi rimane l’orgoglio di accoglierla con un applauso e un grazie.

s.bartolini

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