Via chi non vuole sporcarsi le mani

L’obiettivo che vale la stagione (e la vita) della Pro Patria è difendere il penultimo posto: se no, è serie D. Se qualcuno non ci sta oppure crede che l’impresa non sia possibile lo dica e si accomodi in tribuna

Se a qualcuno alla Pro Patria è venuta la puzza sotto al naso sentendosi in imbarazzo per il fatto di dover difendere il penultimo posto che lascia aperto la speranza alla salvezza, oppure è convinto che il destino sia già segnato, tolga il disturbo.
Se qualcuno ha pensato che “tanto a Novara si sarebbe perso comunque” non ha capito nulla del momento della squadra. Non ha quell’orgoglio e quella fame che occorre per conquistare una salvezza: un’impresa al limite, ma non impossibile. Quel qualcuno non ha compreso che anche con i mezzi mattoncini si costruiscono le case. La superiorità tecnica e di squadra del Novara non giustifica la prestazione di alcuni elementi che avrebbero potuto e dovuto dare di più.

Se qualcuno tra i tigrotti ha dentro la rassegnazione, si accomodi in panchina o anche in tribuna. Meglio che in campo vada chi magari ha mezzi tecnici non da prima pagina e non chi ha già emesso un verdetto mentre è ancora in corso il dibattimento.
Fino a qualche settimana fa c’erano eccome degli alibi; in campo andavano chi “portava il pallone” e non chi meritava. La confusione era la padrona dello Speroni.
Con il cambio della guardia al vertice della società si sono spazzate via le nebbie, purtroppo non si è visto quell’elettroshock invocato da tutto l’ambiente, in particolare da quelli di maggior carisma nonostante il vento sia cambiato e lo si è constatato sia contro il Real Vicenza che contro il Novara. Ed è sorprendente che proprio sabato scorso abbiano toppato proprio i giocatori di maggior talento come Serafini, D’Errico e Baclet: proprio loro che hanno pure quell’esperienza che dovrebbe fare da traino per tutti gli altri. È palpabile il divario che esiste fra Pro e Novara, ma che il reparto avanzato non sia riuscito a rendersi pericoloso solo una volta e su calcio da fermo, è troppo poco.
Nessuno pretendeva che si tornasse dal Piola con la luna nel sacco, ma che tutti, proprio tutti, avessero giocato con la bava alla bocca.
Quella Pro ammirata nel secondo tempo di Bergamo. Quella capace di costruire sette nitide palle-gol in quarantacinque minuti.

Senza aver dentro il fuoco della battaglia, l’ardore della sfida, il gusto di provarci, la voglia di mettersi in gioco non si raggiunge nessun traguardo. Il penultimo posto appare minuscolo, ma è enorme. È vitale. Serve l’impegno di tutti quelli che vanno in campo e l’aiuto di chi sta sugli spalti. Se anche tra questi ultimi vi fosse chi ha già alzato bandiera bianca, rimanga pure a casa.
Lasci spazio a coloro che credono comunque a questa Pro Patria. Imparino dal gruppo degli ultras che a Novara hanno sostenuto la squadra per poi manifestare il loro disappunto al termine dei novanta minuti. Sabato saranno ancora lì, allo Speroni, a trepidare per i colori biancoblù contro il Sud Tirol. Meno male.
Non esiste alternativa che allo stare tutti insieme per arrivare vincenti in fondo alla strada. Così come si legge la classifica con il penultimo posto e con il Pordenone che deve recuperare una partita, è un grandissimo atto di fede.
Una professione d’amore che fa solo chi ama alla pazzia quei colori. E parafrasando la canzone Sally di Vasco Rossi potremmo dire che “la Pro Patria è tutta un equilibrio sopra la follia”.