"Via tavoli e panchine"Il gelato si mangia in piedi

VARESE Vietato attrezzare i locali e le superfici esterne con panchine e sgabelli. La proposta di legge regionale che andrà a regolamentare l’attività di somministrazione di cibi e bevande stringe le maglie per i cosiddetti laboratori artigianali e rimarca la linea di confine con i pubblici esercizi che a differenza loro pagano tasse, licenza e servizio, pur mantenendo un livello di prezzi comparabile. Questo significa, in poche parole, che il consumo sul posto sarà limitato da norme più rigide per pizzerie al trancio, kebaberie, piadinerie, e perfino gelaterie.

Anche se va smentita subito l’interpretazione ventilata di un divieto di consumo all’esterno dei locali che vendono prodotti artigianali di questo tipo, come affermano i consiglieri regionali e relatori della legge Carlo Saffioti, presidente della commissione attività produttive, e Daniele Belotti. «Non sarà vietato ad esempio il consumo di un gelato sul marciapiede fuori dalla gelateria o di un trancio di pizza fuori da una pizzeria d’asporto. Come prevede l’articolo 2, comma 2 della proposta di legge, non è vietato il consumo all’esterno del locale del prodotto acquistato nella kebaberia, piadineria, gelateria o altro laboratorio artigianale, ma l’installazione di arredi che ne permettano il consumo da parte del gestore». Per essere più chiari: se un cliente è abituato a mangiare il gelato in piedi o seduto su una panchina pubblica all’esterno della gelateria potrà tranquillamente continuare a farlo; se invece vuole mangiare il gelato al tavolino o al bancone, sotto un gazebo o all’interno dei dehors installati dal titolare della gelateria, allora si scontrerà con il divieto. «Ricordo però che questa non è una novità: già oggi, in base alla legge Bersani del 2006, i laboratori artigianali non possono prevedere l’allestimento di arredi esterni o interni per la consumazione dei propri prodotti, semplicemente perché non sono pubblici esercizi».

<+G_TITOLINI>NON SIAMO UGUALI
<+G_TONDO>E le precisazioni non finiscono qui. Nella nuova disciplina di vendita da parte delle imprese artigiane è vietato anche il consumo sul posto di bevande di qualsiasi gradazione che resta di esclusiva competenza dei pubblici esercizi; scompare inoltre la dizione “somministrazione non assistita”, cosa che avrebbe creato confusione trasformando queste attività in veri e propri pubblici esercizi. «Era una definizione impropria e giuridicamente errata. Se si consentisse anche il consumo sul posto dovrebbe essere soggetto alla licenza e all’autorizzazione prevista dalla legge regionale». Infine, è stato ribadito che gli artigiani possono vendere esclusivamente i generi di propria produzione e che l’attività di vendita con consumo deve essere strumentale e accessoria alla produzione o alla trasformazione.
«La questione è semplicissima – spiega la presidente Fipe di Varese Antonella Zambelli – tutto sta nella volontà di far rispettare le regole: se l’esercizio vende alimenti da asporto non arreda con tavoli, sgabelli e panchine, e non offre il prodotto con forchetta, coltello e piatto di plastica pronti per essere appoggiati sul tavolo. Se vado in rosticceria o al ristorante cinese mi daranno dei contenitori per portare a casa i piatti pronti, e non certo un piatto e dei tavoli su cui mangiarli al momento. Si deve intervenire sia a livello regionale che locale». Anche a Varese infatti si fa sentire il problema della concorrenza non troppo lecita. «I locali di questo tipo sono molti e sono quasi tutti in pieno centro, danno l’impressione di essere a tutti gli effetti pubblici esercizi ma di fatto evadono le prescrizioni sostanziose che noi siamo costretti a rispettare».
Francesca Manfredi

s.bartolini

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