Viaggio alle radici del Senatur «Tutta colpa di moglie e figli»

VARESE (m. tav.) «Colpa dei figli e della moglie». Delusione e amarezza al Circolino di Capolago.Ieri mattina la sala era piena di avventori. Chi in piedi a discutere, chi seduto a leggere il giornale. Dentro i locali dello storico circolino tutti sanno chi è Umberto Bossi. Molti lo hanno conosciuto prima che diventasse il leader della Lega, e giocavano a carte con lui parlando di politica alla fine degli anni Settanta, quando viveva nel quartiere con la prima moglie, Gigliola Guidali. Gli altri lo hanno conosciuto dopo, quando proprio nella piazzetta poco sopra il circolo organizzava le prime feste del movimento autonomista che sarebbe diventato prima la Lega Lombarda e poi la Lega Nord. Il partito, il primo embrione, lo ha fondato proprio dentro il locale. L’Umberto, che ha sempre mantenuto la sua immagine da uomo del popolo, trae le sue radici umane da questi luoghi dove la gente comune si ritrova, ai margini della città moderna, in quei rioni che mantengono un tocco di cultura contadina. Il suo popolo, quello che ieri leggeva delle sue dimissioni. Un clima non di incredulità, ma di rabbia. Non verso il loro amico Umberto, ma nei confronti di chi gli è stato intorno. Ovvero, coloro per i quali lui sta pagando. Appena arriviamo, un cliente esce dalla porta, urlando verso l’interno: «Ma sì, sono tutti uguali. Sono tutti ladri». È questo il clima che

ci accoglie. Dentro, osserviamo la scena dal bancone. Il gruppo più numerose parla proprio della notizia del giorno. «L’hanno costretto – dicono – è stata colpa della moglie e del figlio». Il figlio è evidentemente il Trota, al secolo Renzo Bossi, che si becca una sana dose di affondi dalla cultura popolare nella quale suo padre è cresciuto. Un altro, dopo qualche minuto, scandisce: «Io andrei dal figlio e gli direi: adesso facci vedere dove hai preso il diploma». Il sentimento che emerge è quello di un Umberto “tradito” dalle persone a lui più care. Il clima è questo, le parole sono anche scurrili, ma non offensive: gli anziani, non solo, la gente di una volta si esprime così. Questo è l’humus della Lega. Che si rivolta verso l’imborghesimento del partito. A parte il commento iniziale, nessuno parla male di Bossi. Ma della famiglia sì. «Da quando si è ammalato, hanno preso tutto in mano loro e se ne sono aprofittati». Sono chiacchiere da circolino. Senza filtri e senza interviste ufficiali. Al Circolo di Bobbiate, dove invece Bossi, insieme a Roberto Maroni, iniziarono a lavorare al progetto di una Lega matura ci sono meno clienti. Si sente qualche parola bofonchiata sulla faccenda, ma il clima è meno animato. «Alla fine ha lasciato» si sente dire da qualcuno dei presenti. «Che roba». «Hai visto il tuo amico?». Ma niente di più.

s.bartolini

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