New York, 26 apr. (TMNews) – Al Qaeda era pronta a colpire il ponte di Brooklyn e a compiere una serie di attentati negli Stati Uniti dopo l’11 settembre, e non ci è riuscita a causa dell’arresto di vari leader e militanti del gruppo terroristico. E’ quanto emerge dalla seconda tranche di documenti riservati del governo Usa sui detenuti di Guantanamo, pubblicati dal sito WikiLeaks dopo una prima parte di rivelazioni rese note ieri. La documentazione segreta è stata pubblicata dal New York Times.
In particolare emerge la figura di un imprenditore ben inserito nella società americana, il quale dopo l’11 settembre avrebbe messo la sua esperienza nel settore delle spedizioni al servizio della macchina del terrore. Saifullah Paracha, uomo d’affari di successo e per anni insospettabile agente di viaggi a New York, è probabilmente il più anziano dei 172 prigionieri ancora detenuti nella base Usa di Guantanamo Bay.
Lavorando con Khalid Shaikh Mohammed, uno degli organizzatori degli attacchi dell’11 settembre, per conto del quale avrebbe custodito una cifra tra i 500 e i 600 mila dollari, Paracha si sarebbe offerto di introdurre negli Stati Uniti dell’esplosivo al plastico nascosto all’interno di container che trasportavano capi d’abbigliamento. “Voleva aiutare Al Qaeda a
fare qualcosa di grande contro gli Stati Uniti”, ha raccontato Ammar al-Baluchi, uno dei sospetti complici, nel corso degli interrogatori a Guantanamo. Inoltre, dai verbali in possesso di WikiLeaks, si apprende che Paracha avrebbe valutato il ricorso ad armi biologiche o nucleari, per poi desistere difronte all’ostacolo costituito dai rilevatori utilizzati nei porti americani.
Il ritratto di Paracha fa parte degli oltre 700 documenti classificati, che dipingono la strategia di Al Qaeda per paralizzare gli Usa dopo l’11 settembre. La Cia avrebbe sventato le trame terroristiche arrestando Mohammed e altri leader della rete estremista, e rendendo impossibile la realizzazione di diversi piani potenzialmente devastanti, tra i quali una nuova ondata di attacchi con aerei sulla costa Ovest, l’esplosione di un appartamento dopo l’intenzionale fuoriuscita di gas naturale, attentati ai benzinai e persino il taglio dei cavi che sostengono il ponte di Brooklyn.
La politica del governo americano sui sospetti di terrorismo, però, continua a essere contestata da diversi ambienti, che pongono l’accento soprattutto sul maltrattamento dei detenuti e su un regime carcerario e giudiziario che a Guantanamo è fuori dal diritto penale degli Stati Uniti. Secondo Hina Shamsi dell’American Civil Liberties Union, associazione che difende i diritti civili, le valutazioni sui detenuti di Guantanamo “sono piene di prove infondate e le informazioni sono state in gran parte ottenute attraverso la tortura, con speculazioni, errori e accuse che, come è stato dimostrato, sono assolutamente false.”
Per David Remes, l’avvocato di Paracha, “l’idea che il mio assistito abbia mai fatto qualcosa che giustifica la sua detenzione, o che abbia mai rappresentato una minaccia per gli Stati Uniti, è semplicemente assurda e priva di qualsiasi fondamento”, ha detto il legale, “Paracha è un uomo di 63 anni, con una malattia cardiaca grave e con diabete grave, che non ha fatto altro che offrire la sua collaborazione alle autorità”.
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