Come nei playoff con la Cremonese, come quella partita a Bolzano contro l’Alto Adige, come nei playout contro il Novara. : da una parte la vita e dall’altra la morte. Basta un piede messo male, basta un piccolo errore, basta una parola detta in più o una in meno. E tutto finisce.. Lo è sempre stato e sempre lo sarà: anche oggi, anche in queste ore. Da una parte la vita, dall’altra parte la morte. Quella di ieri è stata una delle giornate più convulse, drammatiche
e folli nella storia del Varese. Tra bombe sparate a caso che hanno rischiato di esplodere travolgendo tutto ciò che di buono era stato fatto, tra brutte notizie che hanno fatto piombare nel pessimismo più nero quelli che ci hanno sempre creduto, tra colpi di scena meravigliosi. Quella di ieri è stata una splendida partita, una finale mondiale, una maratona finita ai calci di rigore. E proprio come una partita, ve la vogliamo raccontare: dal fischio d’inizio a quello finale che, per inciso, non è ancora arrivato.
Tutto è iniziato nell’incertezza e nei dubbi. Perché sulla carta l’incontro di ieri mattina – mettere le firme su un accordo già raggiunto – ma tutti quanti (quasi tutti) sapevano che non sarebbe stata così semplice. Perché , ex patron della Pro Sesto, dopo un paio di notti a pensarci su ha deciso che no, così non gli stava bene. A fronte del suo impegno economico, sceso a una cifra attorno ai 100-150 mila euro, pretendeva una carica in seno alla società e potere decisionale per i suoi uomini. Proposte ritenute inaccettabili da , imprenditore varesino, disposto a mettere dei soldi a condizione che a gestire tutto ci fosse . Ecco perché ieri si è subito arrivati a un muro contro muro, con Sudanti e i suoi decisi a garantirsi l’autonomia decisionale, anche a costo di rinunciare ai soldi di Zangari. : attorno alle 11.30 l’avvocato Piccolo, in rappresentanza di Zangari, è uscito dall’incontro dichiarando che il suo assistito si sarebbe ritirato dalla trattativa.
Scenario ribaltato, insomma. Sudanti, e il Varese del futuro si è ritrovato con 150mila euro in meno. Da trovare, e da trovare in fretta. Ed ecco che la giornata del Varese, d’un tratto, : da un lato Sogliano con i suoi uomini già attivissimi per costruire la squadra, dall’altro una corsa contro il tempo tra telefonate e trattative febbrili. A un certo punto, il dramma
pareva inevitabile: i soldi non si trovavano, eha voluto andare di persona da Sogliano a dirgli che stava andando tutto a catafascio. Il sindaco si è presentato (bello, però, un sindaco che ci mette la faccia invece di delegare o di scrivere messaggi) nello stanzino del dove Sogliano era rintanato con e a lavorare per la squadra. «Ricky, è saltato tutto». Già, tutto finito.
No, un momento, non ancora. Perché sì, il burrone ormai sembrava troppo vicino per essere evitato però il Varese era ancora lì in piedi. Vivo e aggrappato alla vita. Vivo e aggrappato a Ricky Sogliano, allo spirito del e alla carrozzina dell’: vivo.
. Giocata però dal mazziere più abile del mondo: da Ricky, esatto., con il patron (anzi, il Patron) che sembra abbia trovato la persona giusta, pronta a mettere dei soldi in questa avventura. Per una società sempre più varesina, per una società tutta varesina: esatto, il sogno è lì a un passo. Vicino, vicino. Perché la persona tirata fuori dall’inesauribile cilindro del Ricky è davvero varesina, davvero una di noi, davvero una appassionata. Una tifosa: come Sudanti ma anche come chi darà una mano, come e . La vittoria è a un passo: c’è una stretta di mano, c’è un accordo sulla parola. Mancano le firme e arriveranno domani: fino a quel momento il Varese avrà bisogno di pace e, se possibile, di un po’ di silenzio. Perché tutto, lo ripetiamo fino allo sfinimento, è sul filo del burrone. Basta un attimo, un sospiro.
Una volta che le firme giuste saranno al posto giusto, poi, sarà davvero un attimo. Perché quei fenomeni di Capuzzo e Scapini erano due leoni in gabbia tenuti a digiuno, che Ricky ha liberato. Sono partiti a testa bassa e hanno macinato: allenatori, giocatori, idee e sogni. : uno forte che in D farebbe la differenza, conosciutissimo da queste parti e sulla bocca di tutti. L’allenatore è lì a un passo, serve soltanto un sì e poi si chiuderebbe un altro colpaccio di quelli veri. A centrocampo è già pronto il nome giusto arrivato grazie alla pista giusta, un nome di quelli che possono fare la differenza per davvero. Si sta già sbirciando nei possibili gironi della prossima serie D e si sta già facendo il tifo per il girone A, quello sulla carta meno difficile. Quello che potrebbe anche lasciare spazio a sogni non impossibili.
Anche la società sta prendendo forma, e la notizia più bella è che si è tirata davvero una riga sopra a quel che è stato: via chi era al Varese per convenienze personali e per calcoli, dentro chi c’è sempre stato con il cuore.
Un nome, però, siamo costretti a farlo: ed è quello di Bruno Limido. Lui è il Varese, come i grandi di questa società: dal Peo in giù. Lui non ha bisogno di cariche ufficiali, non ha bisogno di mansioni e tantomeno di etichette. Lui c’è, e nel Varese dei varesini un posto per lui non mancherà mai. Mettetevelo bene in testa. E allora? E allora, silenzio. Si sta così, camminando di fianco al precipizio: amanti della vertigine e del rischio, ma anche innamorati della vita e del futuro. Abbiamo ben chiaro quel che vogliamo, le sensazioni provate in queste ore solo nel sentir nominare certe persone e nel sentir l’odore di un certo passato non possono mentire. Ora che l’abbiamo assaggiato, non abbiamo intenzione di rinunciare a tutto questo. Manca l’ultimo passo: per abbandonare il burrone e saltare sul terreno sicuro. Facciamolo, quel passo. Nessuno abbia paura, nessuno si tiri indietro. .