Il popolo del ciclismo, e più in generale quello dello sport, si divide sulla vicenda dell’esclusione di dalla Vuelta. Anche sui social e sui siti specializzati il dibattito è acceso: nessuno nega la gravità dell’infrazione commessa in cooperazione dal siciliano e dall’ammiraglia Astana, però molti eccepiscono la pesantezza della mano usata dalla giuria. La faccia ce l’ha messa un varesino: , l’altro ds della squadra kazaka presente in Spagna. Zazà ieri, ancora sotto choc per la figuraccia in mondovisione, ha fatto una cosa bella e rara: ha chiesto «scusa agli sportivi, agli appassionati, al gruppo, ai corridori, a tutte le squadre e agli organizzatori».
Non capita spesso, specie nello sport di vertice, dove campioni e dirigenti sono colti da quotidiano delirio di onnipotenza e ritengono di non dover rendere conto a nessuno dei comportamenti borderline. Perché anche ai grandissimi – specie nel calcio – a volte parte l’embolo, e fanno cavolate che non t’aspetteresti. Qualche esempio? La buonanima di non ha mai chiesto scusa ad per l’incidente volutamente procurato alla partenza del Gp del Giappone 1990. non ha mai chiesto scusa per il gol di mano all’Inghilterra al Mundial ’86, anche se i suoi tifosi sostengono che la fenomenale serpentina del raddoppio da sola sia valsa come atto pratico di contrizione e perdono. Quasi nessuno dei ciclisti beccati con le mani nella marmellata del doping ha chiesto scusa: nel 99% dei casi biascicano alibi improbabili e si dicono vittime di fumus persecutionis. Il più baro di tutti, , ha chiesto scusa, sì, ma molto dopo, quando ormai il re era nudo da un pezzo e per rimettergli un peccato disumano serviva una fede altrettanto disumana, che finora nessuno ha avuto. non ha mai chiesto scusa per la proditoria testata a nella finale iridata di Berlino 2006; né d’altro canto Matrix si è finora sentito in dovere di fare pubblica ammenda per la provocazione a sfondo familiare che fece andare fuori di biglia il fuoriclasse francese.
ne ha combinate tante, ma per la più squallida di tutte – la ribellione con annessi insulti all’allora patron della Samp – si è deciso a chiedere scusa pochi giorni fa, giusto per tornare in blucerchiato senza troppe rogne, e con Garrone senior ormai all’altro mondo. Ricordate il clamoroso caso delle sprangate alla pattinatrice americana da parte di un sicario della rivale alla vigilia delle Olimpiadi invernali di Lillehammer ’94? Beh, la Harding non si è
mai mostrata pentita, ma anche qui la storia ha fatto giustizia, pure velocemente: Kerrigan si riprese a tempo di record e vinse l’argento, Harding arrivò ottava e poi fu squalificata a vita.Ancora: nel 1989 il portiere del Cile finse di essere rimasto ferito da un bengala durante la partita di qualificazione mondiale col Brasile e fu radiato. L’amnistia della Fifa arrivò solo nel 2001, quando finalmente, con un pizzico di comprensibile (?) ritardo, il reo chiese perdono.
E che dire di e del suo colpo di kung fu a un tifoso avversario dopo un’espulsione nel 1995? Il genialoide francese non solo non ha mai chiesto scusa, né al diretto interessato né a tutti quelli che stigmatizzarono l’incredibile gesto violento, ma ancora oggi va sostenendo che «per alcuni è un sogno prendere a calci quel genere di persone». Ecco, Stefano Zanini e Vincenzo Nibali – anche se poteva risparmiarsi la tiritera-piagnisteo sui giurati brutti e cattivi – hanno fatto quello che a molti altri non è neanche passato per l’anticamera.