Ritoccare la Costituzione, non stravolgerla

Oggi difendere e valorizzare la Costituzione italiana sembra, ad alcuni politici e opinionisti, un atteggiamento arretrato, quasi antistorico. Non si tratta di dichiarare intoccabili tutti gli articoli quando è noto che, sull’organizzazione dello Stato, sono possibili ed auspicabili alcuni ritocchi: sul numero dei parlamentari, su una diversa impostazione del bicameralismo, sui rapporti regione-Stato in materia fiscale, ecc. Si vuole invece salvaguardare l’impostazione complessiva della carta, specie nei principi fondamentali, contenuti nella prima parte. E si vuole evitare che,

con legge ordinaria, si arrivi a dar vita a una costituzione materiale, in contrasto con quella voluta dall’Assemblea Costituente nel 1947 e pienamente in vigore.
Prendiamo il caso più vistoso: oggi si vuol far credere che il Presidente del Consiglio è votato direttamente dagli elettori, perché le coalizioni di partiti, che si presentano alle elezioni, indicano un candidato alla Presidenza, anche se la nomina formale spetta sempre al Capo dello Stato. Su questa base si vuole imporre l’interpretazione che nessun altro, in caso di crisi politica, è nominabile presidente del Consiglio al di fuori di Berlusconi. Così facendo il primo impegno del governo e della maggioranza non è quello di governare, ma di auto-conservarsi, altrimenti si va alle elezioni, quasi automaticamente, annullando il potere esclusivo del Presidente della Repubblica di sciogliere il Parlamento, ricorrendo alcune condizioni precise che non sono: «o Berlusconi o morte».
Invece assistiamo alla brutta consuetudine della maggioranza di decidere, contraddirsi, sciogliersi e ricomporsi nei consigli segreti, convocati nelle numerose ville del Cavaliere. Il Parlamento è tagliato fuori; sarà chiamato a ratificare quanto deciso dalla coalizione di maggioranza che non sappiamo ancora se bi o tripartita. Corollario è l’uscita sulla stampa di scandali e di comportamenti sleali e corruttivi che sono indispensabili a regolare i conti interni fra Berlusconi, Fini e Bossi. Sembra che le ville sunnominate siano state trasformate nella “Taberna” del Carmina burana dove «Quidam ludunt, quidam bibunt, quaedam indiscrete vurent – e, in conclusione – bibunt omnes sine lege». E’ quel sine lege che preoccupa; è la distinzione fra costituzione materiale o futuribile e costituzione in vigore. Se si avesse un codice penale materiale e uno formale? Ecco il processo breve. Tutti fuori (da galera), tutti bibunt sine lege.
Ma questo è il nuovo? Le regole novelle sono dettate, in campo economico e dei rapporti di lavoro, da Marchionne; nel campo della giustizia da Alfano e così via. Il popolo è ignorato e forse ne è contento! Chi alza la voce perciò è un rompiscatole.

Luciano Forni

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