Varese, sentenza in tribunale Disabili e sesso, cade il tabù

VARESE Anche i disabili e gli adulti dichiarati incapaci hanno il diritto di vivere la propria sessualità. E perciò né i tutori né i tribunali possono intromettersi nelle loro relazioni sentimentali. Lo ha stabilito Giuseppe Buffone, giudice tutelare a Varese, in un decreto emesso lo scorso 24 ottobre.

Il caso trattato riguarda una donna di 43 anni. È una persona con qualche problema psichico. Un tempo, quando il politically correct nemmeno si sapeva che cosa fosse, forse la si sarebbe definita “ritardata”. In realtà, è una persona semplice che però appare incapace di gestire da sola alcuni ambiti della vita quotidiana: a cominciare dal proprio patrimonio. Proprio per evitare che potesse sperperare i propri beni (tra l’altro, tutt’altro che abbondanti), nel 2005 era stata interdetta: la sua tutela era stata affidata a un avvocato.

/>Ma il portafogli è una cosa; e il cuore è un’altra. È successo che la donna si è innamorata. Galeotto è stato il fratello della badante che, un giorno, le ha presentato un amico di pochi anni più giovane. Tra i due è nata una simpatia che si è presto trasformata in qualche cosa di più fisico.
Quando la sorella è venuta a sapere della liason, si è messa di traverso e ha informato la tutrice: forse temeva che l’amante potesse approfittarsi di una mente labile. L’avvocato si è perciò rivolto al giudice chiedendo di intervenire, non senza essersi prima fatto promettere dalla signora interdetta che non avrebbe più incontrato l’uomo.
Il tribunale ha iniziato gli accertamenti. E da subito è emerso che «i rapporti sessuali sarebbero stati diversi (nell’arco sicuramente di tre mesi, forse di sei, ndr), ma avvenuti senza violenza né in assenza del consenso della interdetta stessa».

Ascoltate tutte le parti in causa, il giudice ha rigettato la richiesta della tutrice. «Il diritto alla sessualità è un diritto inviolabile, tutelato dalla Costituzione – scrive Buffone – da riconoscere anche alle persone adulte con disabilità psichiche, non potendosi la misura di protezione (nel caso di specie: l’interdizione) tradursi in un “esproprio” dei diritti fondamentali dell’individuo». «Il giudice tutelare – prosegue Buffone – può invece intervenire dove accerti che la sessualità è vissuta dall’interdetto non come soggetto, ma come oggetto; nel senso cioè che vi sia il rischio di violenze, abusi o sfruttamento della situazione di vulnerabilità».
Per questo il giudice ha prescritto solo un colloquio con una psicologa perché venga accertato se l’innamorata possa ricevere un «pregiudizio psichico» dalla relazione. E perché venga accertato se la donna è a conoscenza dei metodi di contraccezione per evitare gravidanze indesiderate.
Enrico Romanò

Enrico Romanò

© riproduzione riservata