Troppi balzelli, meglio il Ticino Cento aziende pronte alla fuga

VARESE Aziende varesine in fuga verso la Svizzera. L'”emigrazione economica” è una tendenza in crescita anche in provincia di Varese, dove i oneri a carico delle imprese sono sempre più alti. E non tanto per il costo del lavoro quanto per la tassazione cui le aziende sono sottoposte, che scoraggia non solo l’apertura di nuove attività economiche ma anche la loro permanenza.

Il dato viene evidenziato da ricerche ad hoc dell’osservatorio di Confapi Varese, l’associazione della piccole e medie industrie.

Dove si scopre che negli ultimi mesi del 2011 il 2-3% delle imprese ha già in parte avviato attività produttive in Canton Ticino. E in parte vi ha perlomeno insediato uffici di rappresentanza, che poi sono il primo passo per il successivo trasferimento in toto delle relative attività di produzione.

«È un fenomeno in continua espansione – spiega il presidente di Confapi Varese, Franco Colombo – Sul totale delle aziende associate a Confapi, circa un migliaio in provincia di Varese, la percentuale di chi ha manifestato l’intenzione di rivolgersi al territorio elvetico arriva anche al dieci per cento». Un centinaio quindi di potenziali “emigranti”.

E i motivi sono sotto gli occhi di tutti. «Dai nostri calcoli, e non solo dai nostri, la tassazione reale alla quale sono sottoposte le aziende nel regime fiscale italiano arriva al 68%, un dato comprensivo di tutti i costi che devono sopportare. Escluso quello del lavoro». Ed è per questo che, secondo Colombo, la discussione che sta tenendo banco a livello nazionale sulla riforma dell’articolo 18 non rappresenta la vera soluzione.

«Non è questione di articolo 18, i problemi delle aziende sono ben altri – prosegue – A fronte di una tassazione pesante, nel corso dell’ultimo anno le imprese hanno subito l’aumento dell’Iva e i continui rialzi dei costi dei servizi, a partire dall’energia».

La soluzione? La Camera di Commercio di Como sta elaborando una serie di misure per arrivare a un’area sburocratizzata e trattenere qui le aziende.

«La soluzione l’avevano individuata da tempo. Per mesi a Varese abbiamo discusso della proposta di zona franca, di creare un’area defiscalizzata. Ma anche la sburocratizzazione sarebbe stato un passo in avanti, anche se non la panacea di tutti i mali».

Adesso però è tardi. «Con le azioni che sta portando avanti questo governo, non credo proprio che ci siano i presupposti per portare avanti questo discorso». E la Svizzera, tra l’altro, offre anche ulteriori vantaggi. «Da oggi, quando riapriranno le aziende uno dei problemi fondamentali che dovremo affrontare sarà l’accesso al credito, che in Italia è diventato un problema difficilissimo».

E allora cosa fare? «Servirebbe un nuovo patto tra Stato e imprenditori. Si parla tanto oggi dei controlli contro gli evasori. Ma finché la tassazione è questa, il risultato sarà quello di fare scappare gli imprenditori. Invece occorrerebbe innanzitutto abbassare la tassazione, e poi applicare la tolleranza zero verso gli evasori. Meno tasse, insomma, pagate da tutti. E i benefici andrebbero sia allo Stato che al mondo dell’impresa e dell’economia». Un’azione possibile, se ci fosse la volontà politica. Per il momento, la prospettiva è quella della fuga in Svizzera.

Dal canto suo, il presidente della Camera di Commercio Bruno Amoroso tiene i contatti con i colleghi di Como: «Sono interessato a quello che proporranno anche se Como presenta maggiori flussi di fuga rispetto a Varese. Ma dopo l’incontro di oggi potremo analizzare che cosa hanno proposto».

f.tonghini

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