Varese capitale delle mutande Una mostra con 400 pezzi doc

VARESE Nel mese di luglio e di agosto Bizzozero diventerà la «patria della lingerie». I locali del circolo, infatti, ospiteranno la collezione di oltre 400 paia di mutande raccolta da Graziano Ballinari nel corso degli anni. La stessa collezione è già stata esposta in Svizzera e a Modena. Ballinari, ribattezzato «mutandologo» in alcuni talk show televisivi, in materia di biancheria intima è un vero e proprio guru. Le sue conoscenze sono raccolte nel libro «la storia in mutande» pubblicato dalla Provincia di Varese. La mostra seguirà l’impianto del libro e metterà in luce il rapporto tra storia e biancheria. Si chiamerà «Italia anno zero», «un nome che vuole significare che oggi siamo in mutande e che di conseguenza dobbiamo ripartire da zero».

Di lana, pizzo o cotone, le mutande nella loro evoluzione raccontano la storia. «Nel periodo pre-imperiale e probabilmente sino al periodo ellenistico le mutande non erano usate dalle donne, almeno abitualmente – dice Ballinari – Strano a dirsi, invece, questi indumenti di biancheria erano spesso adoperati dagli uomini negli esercizi sportivi, nei viaggi e nei combattimenti».

Prima di Ballinari, dell’argomento si occupò Cicerone, citando «le femoralia»: «indumenti obbligatori per gli attori e le attrici che si dovevano presentare in scena con verecondia e sobrietà anche quando dovevano recitare nelle più scollacciate commedie di Plaudo».

Al tempo dei Celti, esisteva un capo di abbigliamento simile a quello bianco a strisce azzurre usato da Obelix: si trattava di un capo «polivalente» che era mutanda e pantalone allo stesso tempo.

Fu nel Rinascimento che le mutande divennero indumento di conquista. Le donne «per bene» dovevano farne a meno, perché le mutande furono additate come un «segno distintivo delle meretrici». «Clemente VII dispose perfino che <portare le brache è peccato»«portare le brache è peccato» ricostruisce l’oste.

Le cose cambiarono nell’Illuminismo, quando le mutande vennero ad assumere anche un’importanza dal punto di vista igienico. Ma fu solo del XIX secolo che i «pantaloni per l’intimità» entrarono nel guardaroba di tutti. «La mutanda ottocentesca, allacciata in vita e stretta sotto il ginocchio, venne adottata con un a certa riluttanza dapprima dalle signore borghesi e solo alla fine dell’ottocento anche dalle classe popolari – dice Ballinari – Una curiosità è che in quel secolo le mutande si potevano indossare, ma non nominare».

Nel ‘900 la quantità di mutande possedute, i modelli e il candore delle stesse viene a essere un elemento di status sociale. La mutanda diviene anche un segno di pudore e rappresenta la nuova idea di decenza igienico-morale.

E nel ventesimo secolo? «La storia della mutanda si può sintetizzare con un aneddoto di Mata Hari, una delle massime esperte del settore, che sosteneva che <le mutande sono la chiave per aprire molti segreti»«le mutande sono la chiave per aprire molti segreti». A. Mor.

e.marletta

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