Appello per il clochard buono «Diamo una casa a Roberto»

L’edicolante della stazione chiede aiuto alla città in vista dell’inverno. Storia paradossale, dal lavoro in ospedale alla perdita del suo alloggio

– Senzatetto da quattro anni, dalla stazione si leva un appello: «Troviamogli un alloggio». Si rivolge al buon cuore dei bustocchi l’edicolante della stazione , che vuole far uscire allo scoperto la storia di Roberto, 62 anni, uno degli ospiti fissi del rifugio per i senza fissa dimora della stazione Fs di Busto Arsizio.
Pizzetto bianco e bastone per camminare, a causa di problemi ad una gamba, vive tra le quattro mura del “dormitorio” «dal 25 febbraio del 2015».

Originario di Busto Garolfo, ma residente a Busto Arsizio, nel frattempo ha avviato una pratica per avere un alloggio tramite i Servizi sociali, ma non ha i requisiti, in quanto percepisce una regolare pensione. «Sono stato in via Roma, ma non voglio insistere, io aspetto – dice senza alcuna polemica – E non voglio andare a disturbare i parenti di mia madre, a Bologna». Ivan Forestieri ne elogia la «grande pazienza: vuole solo essere onesto e tranquillo».

Con la sua pensione potrebbe anche pagare un piccolo affitto, ma viste le sue condizioni di salute chiede soltanto di poter vivere insieme ad un suo amico, con cui si aiutano reciprocamente. La sua è una storia normale: «Ero imbiancatore all’ospedale di Busto Arsizio, l’ho fatto per undici anni – racconta Roberto – Ho verniciato l’obitorio vecchio, con le salme ancora dentro. Ho verniciato la sala parto, sentendo dietro il controcorridoio le ostetriche che gridavano “spingi, spingi” alle partorienti. Ho verniciato la cappella e l’appartamento di don Peppino. Ho lavorato sempre con tanta pazienza, per accontentare tutte le richieste e trovare il colore che volevano i dottori». Quella pazienza che Roberto non ha perso, anche aspettando per anni che qualcuno gli trovasse una soluzione abitativa. L’uomo infatti è senza un tetto dal 2011, quando suo padre è morto e l’abitazione, dove viveva per prendersi cura di lui, gli è stata tolta.

Allora lavorava, ma aveva un reddito troppo alto per poter mantenere il diritto all’alloggio popolare: «Mi hanno detto che dovevo lasciare la casa perché c’era gente che aveva più bisogno – racconta Roberto – Ho dovuto buttar via tutti i mobili per liberare l’appartamento, ho preso i quattro stracci che avevo e sono andato a vivere in automobile per due inverni: è stato molto duro. Ora al mio posto ci sono degli extracomunitari che non pagano le bollette». Lo scorso anno Roberto è riuscito a trovare posto per qualche mese al dormitorio della parrocchia di Sant’Anna, finché non ha chiuso per ferie, e ora si è stabilito nel rifugio di piazza Volontari della Libertà. «Ha sempre pagato le tasse, avrà diritto ad un aiuto da parte delle istituzioni?» si chiede Ivan Forestieri.