«Benvenuti, questa è Calcutta Arsizio»

I volontari che prestano servizio in zona stazioni lanciano il grido d’allarme per i senzatetto. «Cunicoli come abitazioni, siamo ai margini della civiltà. E se Malpensa chiuderà i varchi...»

– È la sesta città della Lombardia, ma sembra Calcutta. Attorno alle stazioni spuntano le “favelas”, in cui si rifugiano decine di clochard “invisibili”. L’hanno scoperto le associazioni che sfamano i senzatetto nel fine settimana. Ora lanciano un appello alla città: «Affrontiamo il problema prima che sia troppo tardi. È una questione di civiltà, ma se a Malpensa chiudono i varchi ci troveremo altre decine di disperati nella nostra città».
“Calcutta Arsizio”: così hanno deciso di intitolare la serata dedicata all’emergenza senzatetto i responsabili di Comunità Giovanile e Comunità Famigliare, e , che venerdì sera in vicolo Carpi hanno squarciato il muro che cela il dramma di decine di disperati senza casa che gravitano attorno alle due stazioni ferroviarie di Busto Arsizio.

Da gennaio, da quando l’assessore ai servizi sociali ha deciso di aprire le porte del rifugio per i senzatetto negli uffici dell’ex scalo merci a fianco della stazione Fs, le due associazioni hanno iniziato ad impegnarsi tutti i fine settimana per portare i pasti nelle stazioni.
Hanno potuto conoscere personalmente i clochard di Busto, e sono venuti in contatto con le loro storie ma anche con le loro condizioni di vita, nascosti in vere e proprie baracche improvvisate nelle aree dismesse,

come l’ex scalo Hupac, o nei cortili delle case abbandonate, come vicino alla stazione Nord. «Noi ci siamo stati – raccontano Sabba e Crespi – abbiamo visitato le “favelas” di Busto. Abbiamo visto giacigli dignitosissimi, con i quadri appesi ai muri e la dote invernale separata, anche se in luoghi pericolosi per l’incolumità personale. Oppure portici in cui sono stati allestiti gli ambienti di un appartamento: non solo la “camera da letto”, ma persino il salotto con due materassi per divano e la cucina con una scatola di tonno riempita d’olio tra due mattoni come fornello. Loro sopravvivono, ma odiano questa situazione».

Immagini degne delle periferie delle metropoli dei Paesi in via di sviluppo, invece è proprio Busto Arsizio. «Tra cunicoli, case disabitate e baracche improvvisate, ci saranno almeno una sessantina di persone, in gran parte “invisibili”, spesso clandestini irregolari, che si aggiungono a quella cinquantina di senzatetto abitualmente assistiti – spiega Sabba, presidente di Comunità Giovanile – Ma se a Malpensa chiuderanno i varchi, ci sono altre decine di disperati che oggi dormono lì e che si riverseranno nella nostra città, che è la prima fermata del treno da Malpensa. È un problema che va affrontato a livelli più alti».
Intanto lo sguardo è al 30 aprile, quando scade il periodo di sperimentazione del rifugio in stazione. «Subito la proroga» chiedono Sabba e Crespi.