«Cambieremo il Paese ma non con questo Salvini»

Franco Ferraro, caporedattore di Sky Tg24, torna con “Venti domande per me (posson bastare)”. Questa volta il protagonista è Maurizio Lupi, Ncd, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Sulla Pedemontana, senza rifare tutta la storia, il passaggio critico era la defiscalizzazione per i nuovi lotti. Bene, la proposta è stata portata al Cipe che l’ha approvata e ora e all’attenzione della Corte dei Conti.

Incontrerò il presidente della Regione Lombardia la prossima settimana, abbiamo vari argomenti in agenda. Affronteremo anche questo, nell’ottica, come sempre, della ricerca della soluzione migliore per i cittadini, nel rispetto delle leggi e dei contratti in essere.


Agonizzante mi sembra un aggettivo non compatibile con un aeroporto che ha 18 milioni di passeggeri l’anno e movimenta 430mila tonnellate di merci con i voli cargo. Io non prometto sorprese, so che i risultati vengono con il lavoro, con la programmazione, con gli investimenti. Il governo ha investito e investe su Malpensa, che nel nostro piano nazionale degli aeroporti è l’unico scalo strategico dell’area di tutto il Nord-Ovest. Ho chiesto uno studio di fattibilità per portare l’Alta Velocità nei tre aeroporti intercontinentali, Fiumicino, Venezia e Malpensa. Il 9 dicembre presenterò a Roma il progetto di nuovi collegamenti veloci con Fiumicino, il 15 dicembre farò altrettanto a Milano per l’Alta Velocità con Malpensa. Che vuol dire, per capirci, collegare l’aeroporto varesino non soltanto con Milano, ma direttamente con Torino, Bologna e Firenze.


Forse che l’Italia, compreso il Varesotto, non avevano interesse, grazie all’ingresso di Etihad in Alitalia, a evitare che 13mila persone si ritrovassero per strada? All’arrivo di un miliardo e 700 milioni di euro (compresi quelli dei soci italiani) di investimenti nella nuova compagnia? A vedere un nuovo e credibile piano industriale di sviluppo che avrà ricadute positive su tutto il sistema aeroportuale italiano? Senza tutto ciò non staremmo in questo momento a parlare né

di Fiumicino né di Linate né di Malpensa, dove intanto Alitalia ha più che raddoppiato le frequenze dei voli internazionali. Sono abbastanza stufo delle polemiche campanilistiche, se pensiamo che Malpensa sia l’aeroporto di una provincia… io preferisco dire che è uno scalo internazionale con il quale gli altri aeroporti del bacino Nord-Ovest sapranno e dovranno fare sistema. Sento già l’obiezione: ma lei ha voluto favorire Linate… Io non ho aumentato di un volo la capacità di Linate, ho cercato di razionalizzare l’offerta. Comunque, le chiacchiere stanno a zero, abbiamo istituito un tavolo di monitoraggio e verifica degli effetti di quel decreto, si è insediato due settimane fa, si riunirà una volta al mese a Milano e faremo finalmente parlare i fatti. Non mi sembra che chi oggi si straccia le vesti per banali motivi elettoral-territoriali negli anni scorsi abbia lavorato allo sviluppo di Malpensa.


Le priorità infrastrutturali nel nostro Paese sono in questo momento due: il completamento del disegno dell’Alta Velocità sulle direttrici Est-Ovest e Nord-Sud e la manutenzione straordinaria dell’esistente per migliorarne l’efficacia e la sicurezza. Le due cose devono andare insieme. Abbiamo messo risorse sia per il primo sia per il secondo obiettivo. Nello specifico: ultimare il corridoio Tav Torino-Venezia (nelle due ultime leggi di stabilità abbiamo stanziato oltre 4 miliardi), realizzare la Bari-Napoli, velocizzare la linea sulla dorsale adriatica e prolungare da Battipaglia a Reggio Calabria quella sulla dorsale tirrenica. Per tutto questo sono stati stanziati fondi sia in legge di stabilità sia nel decreto Sblocca Italia. Ma soprattutto, e questo è un successo dell’Italia, a livello europeo si è finalmente capito il valore degli investimenti in infrastrutture, come emerge dalle conclusioni del Consiglio europeo dei Trasporti che ho presieduto il 3 dicembre a Bruxelles. Juncker ha inserito le infrastrutture nel suo piano da 300 milioni, valorizzando quella che è stata la posizione italiana nel semestre: finanziamenti pubblici che fanno da leva per investimenti privati. Da parte nostra noi continueremo a chiedere che i soldi spesi in opere considerate strategiche dall’Unione europea non siano calcolati nel patto di stabilità. Quello che è arrivato da Bruxelles è un importante primo segnale di cambio di direzione: per uscire dalla crisi non basta il rigore, ci vuole lo sviluppo, e le infrastrutture stanno al centro di ogni piano di crescita.

Innanzitutto Expo sarà una grande opportunità per tutta l’Italia e Giuseppe Sala insieme a Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità anticorruzione, stanno facendo un gran lavoro. Poi non devo difendermi perché non sono stato accusato di nulla.


Il solito polverone. I costi sono quelli previsti, come ho detto sin dall’inizio, come ha confermato Jan Brinkhorst, il coordinatore europeo del corridoio Mediterraneo di cui fa parte la Torino-Lione, come ha chiarito in modo spero definitivo per tutti l’amministratore delegato di Ferrovie dello Stato Michele Elia nelle sue audizioni al Senato. Ma sulla Torino-Lione è più interessante parlare dello stato di avanzamento dei lavori. Nella galleria discensoria che parte dal cantiere di Chiomonte la talpa lavora senza sosta ed è ormai arrivata a due chilometri. Per parte italiana l’opera è finanziata. Con la Francia stiamo costituendo la società che realizzerà la galleria di base e in febbraio chiederemo insieme all’Unione europea il finanziamento del 40 per cento dell’opera. La Tav non è un progetto futuro, è un’opera che si sta realizzando.


Ribadisco: inaccettabile fare cassa con le multe. L’obiettivo di un’amministrazione che vuole che i suoi cittadini rispettino la legge è zero multe. È un traguardo ideale, certo, ma sarebbe il segno che tutta l’attività di prevenzione e di educazione che diciamo di voler fare ha ottenuto il suo scopo. Non le pare strano che un sindaco speri che i suoi cittadini delinquano per poter avere le casse comunali piene? Ho fatto anch’io l’amministratore di una città, conosco il problema ma respingo la facile soluzione. Resterò un idealista solitario, ma su questo i sindaci sappiano che mi avranno sempre contro. Investiamo in manutenzione delle strade, in tecnologia per i controlli, stiamo riformando il codice della strada semplificandolo ma rendendo anche più severe e certe le pene per chi commette trasgressioni gravi… Ma tutto questo ha un obiettivo: la sicurezza della gente, non il bilancio comunale.


A parte che Berlusconi non sembra più tanto intenzionato a farlo. Ma se voglio costruire un’alternativa di centrodestra a Renzi, e io voglio costruirla, non posso pensarla estremista, perennemente arrabbiata e minoritaria. Per quanto successo mediatico ed elettorale possa avere oggi Salvini, come Marine Le Pen in Francia, non sarà mai rappresentativo della maggioranza. Non a caso Renzi, come aveva già fatto con Grillo, l’ha individuato come il competitore ideale, perché gli lascia libero il campo dei moderati. Noi del Nuovo Centrodestra abbiamo denunciato la deriva estremista e urlata di un gruppo che si era convinto di poter guidare da posizioni oltranziste il Pdl: e ora dovremmo consegnarci tutti quanti in mano a Salvini? Oltretutto con Salvini c’è un dissenso netto su scelte come quella di uscire dall’euro, per cui vedo difficile stare insieme. Come invece succede in Lombardia e in Veneto con una Lega meno lepenista.


Possiamo anche togliere le maiuscole e il futuro è indicato nel significato di quelle due parole, che individuano un compito di ricostruzione di un luogo politico che sappia tornare a essere rappresentativo della maggioranza degli italiani.


Dobbiamo riuscirci insieme. Altrimenti non sarà una sconfitta di Renzi, ma di tutti gli italiani. Cambiare il Paese è la scommessa di questo governo per cui abbiamo messo fra parentesi tante cose che ci distinguono e ci dividono. È la responsabilità che ci siamo assunti davanti ai cittadini e sulla quale verremo politicamente giudicati. Io credo che ce la faremo, anche se non posso darlo come un risultato certo. Una cosa so, e la chiedo a me stesso e a tutti: dobbiamo fare il possibile e più che il possibile per riuscirci.

Premessa: non è una legge che produce lavoro, il lavoro lo creano le imprese. Detto questo il Jobs Act è la riforma che ci voleva, perché ci lasciamo finalmente alle spalle quell’articolo 18 con tutto il suo bagaglio di ostilità all’impresa e di accanimento ideologico che ha irrigidito il mercato del lavoro, che ha invece bisogno di flessibilità. Ora molto dipenderà dai decreti delegati che il governo dovrà scrivere: dovranno essere semplici e applicabili, in modo da dare certezze a chi vuole assumere e alle imprese che vogliono investire nel nostro Paese. Meglio essere lineari e aderenti al diritto comunitario che iniziare con i cavilli di cui siamo maestri.


Se qualcuno pensa che sarebbe stato saggio non riformare il mercato del lavoro perché non è ancora legge la riforma del Senato vada a spiegarlo agli imprenditori e ai giovani in cerca di occupazione. Le riforme che servono vanno fatte tutte. Quanto alla legge elettorale, il presidente del Consiglio ha chiaramente proposto di legarne il cammino all’approvazione della riforma del Senato. La bara è segno di immobilità da rigor mortis, qui passo dopo passo, magari non con la velocità che ci attendevamo, ci si sta invece muovendo.

Uno con la sua stessa concezione del valore delle istituzioni, il suo stesso alto senso di responsabilità, il suo equilibrio, la sua pazienza.

Non sono certo io il giudice della mia fede. Le posso dire che cerco di viverla per come mi è stata comunicata e insegnata con infinita pazienza da don Giussani: una fede che c’entri con tutto, con il modo di pensare, di decidere, di amare, di spendere i soldi. Insomma, una fede verificata nell’esperienza quotidiana. Lei cita di Sant’Agostino, io sin dagli anni dell’università sono stato educato a confrontarmi con questa frase di San Giovanni Paolo II: «Una fede che non diventa cultura è una fede non accolta pienamente, non pensata integralmente, non vissuta fedelmente».

Colui che divide spargendo calunnie, dicendo falsità, insinuando interessi reconditi dietro la ricerca del bene comune. La prima conseguenza della fede è l’unità tra gli uomini, tra i più diversi per storia carattere, interessi. Sia a livello personale, pensi alla famiglia. Sia a livello sociale e politico: la ricerca e la costruzione del benessere comune (pensi all’Italia uscita dalla guerra) e la pace (pensi all’edificazione dell’Europa unita). Il diavolo insinua che l’unità sia impossibile anche quando, pur parzialmente, si realizza. Per il diavolo non ci può essere tensione al vero ma solo calcolo di potere. Ci vuole tutti cinici. È il modo con il quale si toglie la speranza agli uomini.


“Missing New York”. Don Winslow è un grande, ho letto tutti i suoi libri. Ma ho appena iniziato a leggere, dopo un incontro pubblico sulla famiglia organizzato dalla fondazione Costruiamo il futuro con Pupi Avati, monsignor Fisichella e Costanza Miriano, il libro della Miriano “Sposati e sii sottomessa”.

Ormai non compro più cd. Le posso dire le ultime canzoni che ho messo sulla mia playlist su iTunes: “Dannate nuvole” di Vasco Rossi, “A Sky full of stars” dei Coldplay, “Lontano dagli occhi” di Gianna Nannini.


“Cristiada” con Andy Garcia, sulla persecuzione dei cristiani in Messico nel 1926. Un bel film, peccato che in Italia sia girato poco.


Questa intervista? (Ride, ndr)