«Giù le tasse per far ripartire il Paese Mancano soldi? Si riducano gli sprechi»

Il presidente nazionale di Confcommercio, Carlo Sangalli, risponde alle domande di Franco Ferraro nella rubrica “Venti domande per me (posson bastare)”

Franco Ferraro, caporedattore di Sky Tg24, torna con “Venti domande per me (posson bastare)”. Il protagonista, questa settimana, è Carlo Sangalli, comasco. Il 10 febbraio 2006 ha assunto la presidenza di Confcommercio-Imprese per l’Italia e alla scadenza, il 4 marzo 2010, è stato rieletto fino al 2015.


Le imprese che vivono di domanda interna, come quelle del commercio, del turismo, dei servizi e dei trasporti, più di altre hanno pagato caro il prezzo della più profonda crisi che il nostro Paese abbia mai conosciuto nella sua storia repubblicana. Tante le cause: crollo dei consumi, pressione fiscale da record mondiale, limitato accesso al credito, burocrazia complicata e costosa, per citarne alcune. È evidente che per sostenere e sviluppare questo mondo di imprese vanno rimossi questi ostacoli, a cominciare proprio da una concreta e sostenibile riduzione delle tasse.


Sugli oltre 800 miliardi di spesa pubblica, tra sprechi e inefficenze, ci sono circa 100 miliardi ritenuti aggredibili e da cui si possono ottenere oggettivi e significativi risparmi. È qui che si può e si deve intervenire con maggiore determinazione per trovare le risorse necessarie per abbassare le tasse su famiglie e imprese. Viene spontaneo chiedersi che fine abbia fatto il dossier Cottarelli, non crede?

L’evasione fiscale nel nostro Paese è un fenomeno purtroppo vasto e trasversale e non è corretto, né utile, cercare “capri espiatori” in singoli settori, magari più facili da vedere di chi porta grandi capitali all’estero. A questo proposito, apprezziamo il nuovo corso del direttore dell’Agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi, e cioè l’abbandono dei blitz, stile Cortina, per perseguire le grandi somme evase, la volontà di porre al centro del rapporto Fisco-contribuente il contraddittorio, che deve concretizzarsi in un leale confronto, e l’attenta selezione dei contribuenti da sottoporre a controllo. Riteniamo che sia una strategia giusta e condivisibile.


Il decreto Poletti di maggio scorso e l’aspettativa del nuovo contratto a tutele crescenti possono aver contribuito a riavviare la spinta occupazionale. Bisogna, però, attendere i prossimi mesi per poter valutare il consolidamento di questa tendenza.


È una situazione preoccupante, ma soprattutto mi addolora. Mi addolora constatare che tutto il dibattito e le polemiche girano intorno a variabili monetarie quando l’eventuale uscita della Grecia dall’euro, e forse dall’Unione, costituirebbe il fallimento di un sogno possibile, quello degli Stati Uniti d’Europa. Non abbiamo lottato perché l’Europa avesse una moneta unica, abbiamo lottato perché una moneta unica avviasse un’Europa politica coesa, efficiente e solidale: un’Europa di pace.


Le faccio anche un altro esempio: ogni impresa deve svolgere 120 adempimenti fiscali e amministrativi all’anno, uno ogni tre giorni. La semplificazione di un barocco sistema di pagamenti e adempimenti è, dunque, una delle priorità per le nostre imprese. Semplificazione fiscale, innanzitutto, perché in Italia le tasse si pagano tre volte, prima come imposte, poi come burocrazia, infine come incertezza.

Ma semplificazione anche come controllo del numero delle norme, della loro coerenza, dell’impatto sulla vita delle imprese e delle famiglie e come funzionamento della giustizia e organizzazione della burocrazia. È una priorità non solo perché tutto questo soffoca l’attività di impresa, ma anche perché, molto spesso, nella complicazione, nei meccanismi difficili e barocchi, spesso si annidano corruzione, illegalità, criminalità.


Gli orari dei negozi non erano e non sono il problema principale del commercio italiano, che risente invece della pesante situazione complessiva delle famiglie italiane e della struttura del costo del lavoro che grava sulle aziende di tutte le dimensioni. Tanto più che la totale libertà in materia di orari in questi tre anni di applicazione non ha prodotto né un aumento di occupazione, né è riuscita ad incidere positivamente sui consumi. Siamo sempre stati convinti che la liberalizzazione non debba essere sinonimo di assenza di regole, quanto di una diversa regolazione, più attenta alle esigenze del mercato, che non contrapponga “il piccolo” con il “grande”, ma valorizzi il pluralismo distributivo come grande punto forza del nostro Paese.


Imparare a utilizzare le nuove tecnologie e le loro regole, soprattutto sfruttando e potenziando alcune caratteristiche proprie dei punti vendita tradizionali, è indispensabile per consentire agli imprenditori di restare al passo con i tempi in un sistema che cambia e che è in continua evoluzione senza esserne travolti. Insomma, saper gestire efficacemente online qualità, giusto prezzo e servizio, ovvero i tre elementi fondamentali di scelta per i consumatori, è il modo migliore per vivere Internet non come una minaccia ma piuttosto come un’opportunità per una gestione dell’attività d’impresa più consapevole, matura e manageriale.


Ottimista, sì, di un ottimismo “costruttivo”: perché per Expo c’è bisogno di impegno continuo, giorno dopo giorno, dal piccolo al grande, dal pubblico al privato. Expo è una grandissima occasione, ma spetta a ciascuno di noi farne un momento di svolta. Come Confcommercio ci siamo già impegnati con un presidio dentro al sito espositivo, ma soprattutto stiamo lavorando per permettere alle imprese di partecipare al meglio all’evento, sia dal punto di vista del loro business, sia per quanto riguarda l’immagine che trasmetteranno ai visitatori con il loro lavoro. Le nostre imprese, in particolare quelle del commercio, del turismo, dei servizi e dei trasporti, avranno un ruolo strategico nella buona riuscita di Expo 2015.


La Lombardia ha tante carte da giocare in questa partita di Expo. Ce le ha sicuramente dal punto di vista imprenditoriale, con uno dei tessuti economici più vivaci e solidi del Paese; ce le ha dal punto di vista dell’accoglienza e della ricettività, perché anche sul fronte turistico qui non manca né l’offerta né la qualità; ce le ha dal punto di vista territoriale, perché questo è un territorio con una grande disponibilità nel produrre eventi, progetti e collaborazioni. Infine, abbiamo le carte in regola anche nell’atteggiamento: i cittadini della Lombardia hanno voglia di impegnarsi concretamente e non hanno mai avuto paura delle grandi sfide.


Lo sviluppo di Malpensa come grande aeroporto del Nord è una necessità per le nostre imprese, ma è anche un vantaggio per tutto il sistema economico italiano. I ritardi e le incertezze del passato hanno già provocato gravi danni al mondo imprenditoriale con il rischio di arrivare a Expo con il principale aeroporto del territorio depotenziato. Oggi qualche spiraglio si è aperto. Il recente accordo che aumenta i collegamenti aerei tra Italia e Cina, facilitando i voli charter, va nella giusta direzione. E sarà proprio l’imminente Esposizione Universale che dimostrerà l’importanza strategica di una grande Malpensa che guarda al mondo e al futuro.


Io credo che la Dc abbia lasciato un’eredità profonda alla politica italiana perché ha rappresentato non solo “lo spirito del tempo” di un Paese in crescita, inclusivo, cattolico e fatto di tante anime diverse. Ma anche perché, nella sua stagione migliore, ha incarnato un metodo di fare politica fatto di costruzione del consenso, di valori, di capacità di dialogo e di dignità. Ricostruirla oggi mi pare che sia un sogno irrealizzabile.


Servire il proprio Paese in Parlamento, credendo a quello che si fa, è un’esperienza incredibile. Quel consesso – pur con tutti i limiti degli uomini che lo popolano – rimane la massima espressione della politica nel senso più nobile del termine e io ho avuto la fortuna di viverne l’esperienza in compagnia di alcuni personaggi straordinari…uno di questi è appena diventato Presidente della Repubblica. Sono molto orgoglioso del lavoro che faccio, ma mi sembra normale provarne nostalgia di quel tempo, come si prova nostalgia delle cose belle della nostra vita che non ci sono più.


Dal 1968 ad oggi la politica è cambiata tantissimo…e sarebbe ben preoccupante se non lo avesse fatto. Infatti, è profondamente cambiato il nostro Paese e, a dire il vero, con una rapidità impressionante è cambiato il mondo intero. Non è cambiato, però – con buona pace degli innovatori a tutti i costi- il ruolo, il compito ultimo della politica: quello di governare la cosa pubblica, trovando la sintesi difficile tra le componenti della società, facendo lo sforzo quotidiano dell’ascolto, dell’intelligenza e della decisione.


A Renzi gli “strumenti” nella cassetta degli attrezzi non fanno certo difetto, ed è particolarmente bravo con quelli propri della modernità, come la comunicazione digitale. Per misurare il realismo di un progetto politico credo comunque che ci voglia un po’ più di un anno, il riformismo vero ha un orizzonte che non può essere di breve periodo.


Alla famiglia Berlusconi vorrei consigliare un giovane allenatore di grandi speranze, che mi dicono in grado di fare miracoli e verrebbe anche a costo zero. Di nome fa Carlo…detto Carluccio.


A me è sempre piaciuta molto l’immagine di Gianni Brera del “centrocampista metodista”. Così mi sento e così ho sempre cercato di comportarmi, sul campo di calcio, ma anche nella vita. Il centrocampista metodista è quello che corre tanto, che deve sempre ricostruire il gioco e per questo lavora di testa e non solo di gambe, è quello che tiene insieme l’attacco e la difesa e che accetta anche di non segnare per fare il passaggio giusto e far vincere la squadra.


Per non smentire la mia storia e la mia vocazione, casualmente l’ultimo libro che ho letto è stato “Elogio del centrocampista”, a cura di Renato Mattioni e Angelo di Gregorio, che racconta con una riuscitissima metafora calcistica il ruolo dei corpi intermedi, come le Camere di Commercio, per la tenuta e lo sviluppo del nostro Paese.


L’ultimo film che ho visto al cinema è stato “Turner”, che racconta la vita del pittore americano: mi ha convinto mia moglie, appassionata d’arte, ma devo dire che ho retto bene. Quest’anno però il film che mi è piaciuto di più è stato “Viva la libertà” che, raccontando la storia di un politico che sparisce e viene sostituito dal suo gemello psicologicamente instabile, riflette con un sorriso sulle insidie dell’immagine in politica.

Un milanista vero non fa errori, sono sempre tutte occasioni di crescita. Al limite… gli errori li fanno gli arbitri.