Gli sfollati sono al limite «Vogliamo tornare a casa»

Hanno lasciato le loro abitazioni la notte della maledetta frana. «Siamo ospiti da parenti e amici. Il Comune non ci fa sapere nulla»

– Gli sfollati di Cerro, frazione lavenese, aspettano ancora il loro ritorno a casa. La notte della frana assassina sono stati evacuati e, ad oggi, vivono ospiti da parenti e amici.
Una situazione che per molti è diventata insostenibile e la data del loro ritorno a casa non è stata ancora fissata.
«Ho 82 anni e mia moglie 87, per noi il disagio è enorme. Non è facile affrontare questa situazione da giovane, figuriamoci alla nostra età» dicono alcuni abitanti di via Gattirolo.

Lungo la strada antistante lo smottamento che sabato 15 novembre ha ucciso e vi sono palazzine e villette disabitate da quella sera maledetta, fatte sgomberare con ordinanza del Comune data la situazione di estremo pericolo per le pesanti piogge che si sono abbattute anche nei giorni successivi e che hanno fatto temere per altri crolli. «Non sappiamo quando torneremo, è questo il nostro tormento» affermano altri residenti che raccontano di quella notte, della terra che arriva silenziosa,

di alcuni di loro svegliati nel piano del sonno dai soccorritori. «Abbiamo sentito le sirene in lontananza che si fermavano pochi metri dalle nostre case. I vigili del fuoco, la Protezione civile e i carabinieri sono arrivati a bussare anche alle nostre porte; ci hanno detto che avremmo dovuto andar via e che la situazione era estremamente drammatica. Abbiamo abbandonato le nostre abitazioni per dirigerci alla casa accoglienza Gesù Bambino. Siamo molto grati per tutto questo ma adesso quello che vogliamo è ritornare».

Si registra il malcontento di ogni sfollato da via Buonarotti a via Reno. Un disappunto che, unito, forma un unico messaggio: rivogliamo le nostre case.
«l vero problema è che non abbiamo saputo più nulla – continua chi abta in via Gattirolo – sappiamo che si sono riuniti per decidere ma nessuno ci ha fatto sapere quando potremo ritornare, siamo da amici che ci hanno messo a disposizione un locale, sono 15 giorni che siamo qui.
E qualcuno aggiunge: «Si sta fuori casa e ogni tanto dobbiamo tornare nelle nostre abitazioni chiuse a prendere qualche effetto personale, non siamo in vacanza e siamo dovuti praticamente scappare. I primi giorni bastava una semplice telefonata alle autorità, ci si accordava e con la polizia locale potevamo entrare a prendere quello di cui avevamo bisogno. Adesso serve una richiesta scritta. Non è accettabile come cosa, la burocrazia anche in questa situazione ci sembra fuori da ogni logica, il Comune ci conosce per nome, a cosa serve una richiesta così? La nostra speranza è di essere nuovamente tra le nostre mura la prossima settimana, lasciamoci dietro la paura, ci piacerebbe come tutti iniziare a prepara gli addobbi di Natale».

Il sindacoesprime il punto di vista dell’amministrazione: «La situazione a Cerro è delicatissima, nostro compito è preservare il più possibile ogni cittadino – afferma all’indomani del lungo tavolo tecnico che lunedì ha visto la partecipazione di geologi e architetti del Comune e tecnici dei privati – Capisco il disappunto e il disagio degli sfollati, anche la rabbia , ma ala nostra precauzione deve essere massima».