Il mercato? Come ai tempi di guerra

«Non ci sono quasi più italiani, sono tutti cinesi ed extracomunitari, e i banchi di qualità sono praticamente scomparsi dal mercato di Gallarate. Cosa ci vengo a fare? Sembra di essere ai tempi della guerra, quando si frugava in mezzo ai mucchi di roba per trovare qualcosa».

Ha per mano il nipotino e accanto il marito, la donna che è appena entrata da un cancello laterale dell’area mercato e, dopo pochi passi tra i banchi, ha già deciso di andarsene.

«Non ho niente contro gli extracomunitari, mi creda: tutti devono lavorare – aggiunge – Ma dov’è finito il nostro mercato? Sente che puzza di petrolio hanno questi capi? Chissà come vengono tinti. E poi la merce è tutta buttata sul banco alla rinfusa, neanche alla bell’e meglio».

Non c’è il pienone, il penultimo sabato di agosto al mercato di Gallarate. La pioggia delle prime ore della mattina non avrà invogliato ad uscire, ma tra le persone ascoltate sono veramete poche quelle che dicono di fare regolarmente la spesa qui.

«Faccio un giro ogni tanto e poi vedo se c’è qualcosa che si può acquistare», ammette una giovane donna che spinge un passeggino. I prezzi? «Certo che li guardo, ma faccio caso anche alla qualità». Al banco delle squadre di calcio, un padre contratta il prezzo della maglia bianconera che il figlio sta provando: «Venti euro? Allora compro quella originale».

Articoli ce ne sono: dall’abbigliamento agli alimentari, dai fiori all’arrotino. «Abbiamo scoperto che si possono affilare i coltelli a due euro e io ho fatto aggiustare una molla del mio tronchesino per le unghie, che altrimenti avrei dovuto buttare – racconta , a spasso con l’ex collega di lavoro – Siamo di Casorate, curiosiamo qua e là alla ricerca di un capo particolare o di qualche occasione». Lo sguardo è soprattutto sull’abbigliamento: «Le scarpe no, non si comperano al mercato», annota l’amica.

Eppure c’è chi dal 1956 porta avanti il suo banco di scarpe. «È sempre più difficile, metà merce rimarrà in magazzino quest’anno. La gente ha meno soldi da spendere, il tempo è inclemente e io farò la dichiarazione dei debiti e non dei redditi, l’anno prossimo – lamenta – Noi abbiamo prodotti artigianali, ma si fa sempre più fatica a vendere merce discreta. Piace il modello di una certa scarpa, ma molti clienti cambiano idea non appena sentono il prezzo. Eppure non abbiamo richieste esorbitanti».

Lì accanto c’è il collega , da trent’anni sulla piazza gallaratese con il suo banco di intimo: «Stiamo andando male, anche il tempo brutto ci mette lo zampino: le vendite sono calate moltissimo, ci sono troppi banchi che non vendono merce di qualità e la clientela, poi, non viene più qui. Anni fa c’era la gente “bene” di Gallarate che comperava al mercato, adesso le persone spendono meno, stanno più attente ai prezzi e tornano se trovano un buon prodotto».

Va malissimo anche al banco dei coniugi , dal ’99 ambulanti a Gallarate: «Le persone non hanno soldi. Fino a un paio di anni fa si vendeva almeno la bigiotteria». Lo standard delle offerte è intorno ai 5 euro per i capi di abbigliamento, eppure «si compera poco, mancano i soldi», commenta l’ambulante cinese. Anche al “Sandwich planet” gli affari si fanno attendere: «È un disastro».

E intanto da , l’arrotino, c’è chi compera piccoli arnesi da dentista per togliersi il tartaro in casa, da sé. Ciononostante, bisogna andare in Piemonte per trovare clienti che chiedono di affilare i coltelli della cucina o le forbici: «A Gallarate la gente è più affascinata dall’usa e getta», riconosce l’operatore, impegnato in mercati anche fuori piazza.

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