Maniaco sul treno, scoppia la rabbia

«Vogliamo la foto», si legge sul Facebook de La Provincia. Sono tantissimi i commenti sotto gli articoli dedicati al palpeggiatore molest

Maniaco del treno, la rete si indigna. Sono tanti i commenti su Facebook agli articoli dedicati al molestatore che palpeggia le donne sul treno Domodossola-Milano.

Forte la rabbia nei confronti dell’uomo, descritto come un trentacinquenne, che si siede di fianco a ragazze e giovani donne sole e, nascondendo la mano sotto uno zainetto grigio e azzurro, tocca loro le gambe. Lunedì scorso ha tentato di palpeggiare una 19enne, mentre si masturbava.
A giudicare dai commenti comparsi sul social network, al maniaco conviene sperare di avere a che fare con dei “leoni da tastiera”, per usare un’espressione coniata dalla giornalista Selvaggia Luccarelli. Ovvero personaggi spavaldi davanti al pc e che diventano docili agnellini nel mondo reale.

Sì, perché il più tranquillo dei commentatori si limitava a voler dare «quattro pedate nel c…» al maniaco del Domodossola. C’è chi parla di «due pizze in faccia», chi di «un ceffone», chi propone il ricorso al Krav Maga, arte marziale ideata dal servizio segreto israeliano, chi vorrebbe “condire” il volto del palpeggiatore con dello spray al peperoncino.
Già, il volto del maniaco. Molte delle ragazze che hanno testimoniato di essere state aggredite hanno raccontato di continuare a vedere l’uomo

quasi ogni giorno sui treni che dal Piemonte scendono a Milano. Stando alle loro parole, questo soggetto prenderebbe ogni mattina il treno delle 6.43 alla stazione di Sesto Calende in direzione del capoluogo lombardo. «Pubblicate la foto di questa merda d’uomo», la richiesta di uno dei commentatori più arrabbiati. Visto che viene notato in stazione, perché non scattargli una fotografia con lo smartphone e magari postarla su Facebook? Domanda pericolosa, visto che porterebbe qualcuno a farsi giustizia da sé. E se poi la vittima si fosse confusa con un’altra persona?

Il punto, molti utenti del social network blu sono d’accordo, è che «finché si adotta la tecnica della segnalazione anonima su Facebook e non quella di una denuncia in caserma, non si fa altro che il gioco di questa persona».Certo, raccontare l’accaduto serve a mettere in guardia altre potenziali vittime di questa persona. Ma l’appello che nasce dalla Rete è quello di affidarsi ai canali tradizionali: rivolgersi al capotreno per segnalare la presenza di questa persona, andare al commissariato della Polfer di Gallarate per presentare denuncia, aiutare gli inquirenti a dare un volto al maniaco.
Così che gli agenti possano associare anche un nome e chiamare quest’uomo a rispondere dei suoi gesti di fronte ad un giudice. Ovviamente in carne ed ossa e non “nascosto” dietro la tastiera di un computer.