Besani, il nostro tessile vince in Cina

L’azienda di Besnate, attiva dal 1969, ribalta i luoghi comuni conquistando il principale mercato asiatico. I segreti? Macchinari d’avanguardia, materie prime di qualità e la tracciabilità come antidoto ai falsari

– Abituati da anni ormai a subire l’invasione di abiti e prodotti tessili, per giunta di bassissima qualità e poco sicuri, provenienti dalla Cina, rimaniamo colpiti quando apprendiamo che succede anche il contrario.
A vendere i suoi tessuti di pregio sul mercato cinese è l’azienda Besani di Besnate, che conta una trentina di dipendenti ed ha come linee guida l’attenzione per l’ambiente, per la qualità e per il vero made in Italy.
Chi ovviamente può permettersi la qualità ed il prezzo dei prodotti Besani sono i cinesi facoltosi, che sanno perfettamente quanto sia importante vestire tessuti realizzati seguendo le regole contenute nelle certificazioni, onde evitare malattie della pelle. «Siamo in Cina dal 1992 con nostri agenti ed io stesso dal 2000 ci vado due volte l’anno – spiega Mario Riva, procuratore della Besani srl – è la Cina che fa girare il mondo».

In realtà il business dell’azienda di Besnate, attiva dal 1969, è rivolto a tutto il mondo, a partire dall’Europa, con la Francia in testa, e poi anche in America.
Per competere sui mercati di tutto il globo occorre continuare ad investire sulla qualità e le nuove tecnologie, come fa la Besani da sempre: ha appena acquistato un nuovo macchinario giapponese, in grado di soddisfare i gusti anche del cliente più esigente.
Nello stabilimento varesino si produce il tessuto chiamato filo di Scozia,

con cui poi vengono realizzati dai clienti della Besani polo o t-shirt, senza dimenticare anche la seta. «L’80% dei nostri tessuti è destinato alle polo, il restante a t-shirt, pigiami o camicie – prosegue Riva – Sei stilisti esterni elaborano per noi le nuove idee».
A Besnate si sta già lavorando per la stagione estiva 2016, a cui saranno dedicate le prossime sfilate in programma a febbraio e marzo. «Posso dire che stanno tornado di moda le righe», anticipa Riva.

Alla Besani si fa tutto in casa, tranne il finissaggio del cotone, affidato a due imprese di Biella e Vicenza, le due migliori tra le poche rimaste nel nostro Paese.
L’attenzione per la qualità va di pari passo con quella per l’ambiente e la tutela del consumatore. Nella parte dello stabilimento dove vengono conservati i tessuti, c’è un costoso macchinario che mantiene il tasso di umidità stabile, attorno al 70%, in modo da non danneggiare i materiali. «Il momento economico suggerirebbe di non fare investimenti – osserva l’imprenditore – ma noi continuiamo a farli perché ci crediamo».
Un grande investimento è stato fatto poche settimane fa per ottenere la certificazione, facoltativa e a spese proprie, denominata Detox e introdotta da Greenpeace; solo altre cinque aziende italiane hanno compiuto questa scelta.
La Besani può esibire con orgoglio, sul proprio manifesto in vista della prossima fiera cinese, un piccolo ma importante documento scritto in cinese, che attesta la tracciabilità dei suoi prodotti ed il rispetto dell’ambiente. «Visto che una legge che tuteli il made in Italy non c’è – commenta Riva – l’unica strada è quella della tracciabilità dei prodotti: oggi è volontaria, ma dovrebbe diventare obbligatoria. Di falso made in Italy ne circola parecchio, purtroppo. Alcuni realizzano il capo in Cina e poi lo fanno rientrare in Italia, dove gli applicano un bottone rendendolo magicamente made in Italy».

Non si può concorrere sul livello della quantità con rivali come Turchia e Cina, quindi «l’unica strada possibile è la qualità: noi la seguiamo dalla A alla Z» conclude l’imprenditore.
Aggirandoci per lo stabilimento ci imbattiamo in uno dei primi macchinari utilizzati nel 1969, quando la Besani iniziò la sua avventura industriale. Nel 2014, nello stabilimento di Besnate, sono stati prodotti 750mila metri di tessuto e il successo continua.