Lettera aperta di una capra agli animalisti

Il nostro Francesco Inguscio si immagina cosa potrebbe passare per la testa di una capra in un periodo come questo

Ciao, sono una capra. Solitamente non scrivo su un giornale, ma ho letto da poco una notizia che mi ha fatto letteralmente drizzare le corna. Così mi è venuta voglia di belare la mia. Mi dicono che su questi – come cavolo si chiamano – social network, scrivono cani e porci, perciò non vedo perché non possa anch’io esprimere la mia ruminante opinione. Insomma, il fatto è questo: l’Aidaa, che non è il refuso di un’opera

di Verdi ma l’“Associazione italiana difesa animali e ambiente”, ha presentato un esposto alla Procura di Ferrara contro Vittorio Sgarbi. Il motivo? Sgarbi ci offenderebbe in continuazione, usando il termine “capra” come epiteto.
Oibè (la nostra versione di oibò, ndr), vi giuro sull’ultimo filo d’erba che mai nessuna capra si è sentita offesa dalle parole di Sgarbi, anzi: parlando sempre di noi, Vittorione nostro ci ha reso anche popolari presso il grande pubblico. Il problema, qui, è un altro.
Amare gli animali è cosa buona e giusta, impossibile sostenere il contrario. Ma – lo dico da capra – voi umani fate torto alla vostra ragione (scusate il gioco di parole), con tutte queste crociate insensate in difesa dei diritti delle libellule, dei cavallucci marini, dei pipistrelli piedati e via delirando. Il bello è che tra di voi vi fate ogni giorno la guerra, considerate perfettamente lecito e normale insultare un altro uomo, fargli deliberatamente del male, augurargli perfino una morte lenta e dolorosa, ma guai a ordinare al ristorante, chessò, un coniglio alla cacciatora: «Orrore! Sacrilegio! Non ti vergogni a mangiare quella povera bestiola? Reprobo! Meriti il castigo divino».
Vista con i miei occhi di capra, la situazione sta degenerando, io ve lo dico. E la denuncia contro Sgarbi è solo l’ennesima conferma di quanto possa essere ridicolo il fanatismo di certi animalisti.

Ora vi saluto, esco a brucare l’erba, sperando che nel frattempo non salti fuori qualche altra “indispensabile” associazione che proponga di vietare, pena il carcere, espressioni come “Porco cane”, “Maremma maiala”, “Brutta iena”, “Lento come un bradipo”, “Vanitoso come un pavone”, “Sei un gufo”, e via di questo passo. Sapete com’è, i suddetti animali potrebbero offendersi a morte.