«Bruno è libero: lo aspettavamo»

La gente comune e gli amici di sempre festeggiano la fine di un incubo per l’ex calciatore biancorosso. Frascaroli: «Una persona perbene». Piovanelli: «Il carcere non l’ha cambiato». Il Caccia: «Uno di noi»

L’epopea di Bruno Limido, adesso che è tornato uomo libero, ha un lieto fine come le sue cavalcate al Franco Ossola con la maglia del Varese. Ma che epopea: a fine ottobre le manette, quindi trentasei giorni in carcere a San Vittore, poi gli arresti domiciliari, l’altro ieri sera la telefonata dell’avvocato: “Sei libero”.

La cronaca giudiziaria, per chi aveva sobbalzato sulla sedia alla notizia del fermo (“Limido, proprio lui?”), è cosa nota: l’ex calciatore biancorosso è stato coinvolto nell’indagine che avrebbe scovato una maxi evasione fiscale in capo – soprattutto – all’ex presidente del Varese Antonio Rosati e al suo ex braccio destro Enzo Montemurro. Limido, in qualità di operante nel settore sotto inchiesta, era stato arrestato con l’accusa di essere parte attiva e consapevole del sistema di evasione.

Invece, sembra che così non sia più. Come tutti quelli che conoscono Limido hanno sempre sostenuto, giurato e spergiurato.

Vedi alla voce Paola Frascaroli, responsabile dell’area marketing del Varese. «Io con Bruno – racconta – ho lavorato gomito-gomito per dieci anni otto ore al giorno. Non tiro neanche in ballo il Limido simpatico e cicciottello che non farebbe male ad una mosca; parlo del Limido lavoratore: lui si occupava dei clienti, io della parte amministrativa; credetemi: Bruno sul lavoro è una persona onesta, so come ragiona, non è il tipo da guadagno facile, anche si trattasse di un centesimo. Come è vero che mi chiamo Paola, Limido è una persona per bene. Voglio dire: può essere un arrivista un uomo che come sogno ha quello di andare a fare l’agricoltore a tempo pieno in Toscana? Può essere un truffatore un signore che si vede realizzato dieci ore al giorno su un trattore?».
Mercoledì sera, la prima telefonata di Limido da uomo libero era destinata a Claudio Piovanelli, storica firma della Prealpina. «Mi auguravo – dice – che il carcere non avrebbe avuto il potere di uccidere il Limido brillante e leggero che conoscevo. Per fortuna sono stato esaudito. Mi ha detto che a San Vittore ha perso dodici chili e che nel periodo a casa è riuscito a non riprenderli; insomma, secondo lui l’esperienza ha dei lati positivi. Poi mi ha raccontato delle incertezze (“Cosa succederà ora? Che cosa penserà la gente? Che cosa dirò a chi mi chiede?”); soprattutto, mi ha riproposto una domanda che non gli dà tregua: perché a me? Si chiede come facessero i giudici a ritenere che lui, che certo non era dirigente di nessuna struttura, potesse sapere. Non lo biasimo: io, il Bruno consapevole e complice di una simile associazione criminale (milioni di euro di evasione!) proprio non ce lo vedo. Ma adesso bisogna solo essere contenti per questa buona notizia».

Marco Caccianiga, capo del vivaio del Varese e tra i promotori del nuovo club rinato nel 2004, è ancora incredulo per la notizia dell’arresto di fine ottobre. «Era stato un fulmine a ciel sereno – commenta –, ma forse non rendo l’idea. Quando è un amico a rimanerci dentro, ti pare impossibile. Limido è un biancorosso dentro, è uno di noi. Chi lo conosce sa che è di una bontà, disponibilità e discrezione uniche. Finire indagato e per di più in carcere è qualcosa che un segno lo lascia; però, sono convinto che il Bruno andrà avanti come ha sempre fatto, come faceva in campo: un trattore, una ruspa, una diga. Se non altro, credo, momenti del genere aiutano a farti capire quali, tra le persone che hai intorno, siano quelle autentiche. Dal canto nostro, se siamo tali, dobbiamo solo preoccuparci di stargli vicino».