Il tappone. Azzanna, vola, pennella: ecco lo Squalo, ecco l’Italia

Ai piedi di sua maestà lo Stelvio (affrontato due volte) vince Nibali e spezza il digiuno tricolore. Dumoulin in crisi ma d’orgoglio resta leader. Sulle strade è spettacolo nel ricordo di Scarponi

È un Giro noioso, eh sì. Poi non vincono mai gli italiani, non ne hanno più. Ah, Nibali ormai è finito, questo è sotto gli occhi di tutti. E bla, bla, bla.

Bormio, 23 maggio 2017: una delle tappe più entusiasmanti della storia recente del Giro d’Italia, con lo Stelvio affrontato due volte in mezzo a due muri di neve ed il Mortirolo in mattinata. Quasi un anno dopo, l’Italia torna a vincere una tappa al Giro: da Vincenzo Nibali a Vincenzo Nibali, da Risoul 2016 a Bormio 2017. Un anno e 17 tappe dopo il graffio è sempre quello del campione, il morso dello Squalo. Un’impresa assoluta,

un capolavoro, costruito in salita, rifinito in discesa e completato in volata. Un Giro riaperto, stravolto, nel primo vero tappone. Mai sottovalutare l’orgoglio di un campione: valeva l’anno scorso, vale ancora quest’anno. Vale per Vincenzo Nibali così come per Tom Dumoulin: l’olandese tiene la maglia rosa lottando con i denti, dopo essere stato vittima di un forte attacco intestinale che lo ha costretto a fermarsi e a spogliarsi a bordo strada nel momento decisivo della tappa, sulle prime rampe dell’Umbrailpass (lo Stelvio dal versante svizzero).

Nel ciclismo, purtroppo, sono cose che capitano e lo Stelvio è già stato teatro di crisi del genere: nel 2005 Ivan Basso perse un Giro per un problema simile, molto più acuto però. Dumoulin, rimasto senza compagni di squadra, si è trovato a dover pedalare per 32 chilometri da solo ma ha retto come un leone: al traguardo paga poco più di due minuti e riesce a mantenere la maglia rosa per trentuno secondi. Uno sforzo ammirevole, caparbio, d’orgoglio, da applausi, perché in quel caso sarebbe stato molto più facile crollare. Invece l’olandese volante ha mostrato di avere gambe e testa per tenere la maglia di leader. Davanti però, mentre Dumoulin lotta per non affondare, va in scena l’opus magnum di Vincenzo Nibali: Quintana non attacca neanche se viene spinto, così è lo Squalo a togliere le briglie al cavallo. Uno, due, tre scatti interlocutori, giusto per saggiare chi ancora ha la forza di stare a ruota.

Basta questo, a sei chilometri dall’ultimo scollinamento, a scremare il gruppetto e a togliere le zavorre: al fianco di Nibali restano solo Quintana, Zakarin e Pozzovivo, all’inseguimento del fuggitivo del mattino Mikel Landa. Ad un chilometro dal GPM dell’Umbrailpass, l’ultimo di giornata, Nibali decide che è il momento di vincere e di dare una spallata al Giro: scatto secco che lascia sul posto Zakarin e Pozzovivo, gli resiste solo Nairo Quintana, pur senza mai mettere la ruota davanti a quella del siciliano. Forse accontentandosi, e forse perché non ne aveva di più. In discesa, Nibali dipinge le curve come Paul Gauguin nei suoi quadri: ampie, sinuose, perfette. La bicicletta è un pennello che colora i tornanti dello Stelvio. In tre pedalate riprende Mikel Landa davanti, mentre Quintana arranca cercando di non prendere eccessivi rischi.

La zona del traguardo di Bormio è in fermento, il brusio sale ed il tifo è da stadio: anche i tifosi più composti non stanno più nell’abito da festa, tutti per Nibali, tutti per lui. Gli ultimi trecento metri sono tortuosi: due curve secche a sinistra, una a destra e l’ultima ancora a sinistra prima del rettilineo di cento metri che porta al traguardo: Nibali esce dalla ruota di Mikel Landa negli ultimi metri e lo beffa per pochi centimetri. Bormio è in delirio.

Alla spicciolata arrivano gli altri: Pozzovivo, splendido quarto, poi Zakarin e Davide Formolo, sorprendentemente sesto. Dumoulin giunge sul traguardo dopo 2’18” e viene accolto da un lungo applauso di un pubblico che sportivamente, e giustamente, riconosce il suo sforzo, il suo orgoglio e la sua grande sfortuna.

Ieri è stata anche la giornata del ricordo: la prima salita di giornata, quella del Mortirolo, è stata dedicata a Michele Scarponi. A transitare per primo per un bellissimo gesto simbolico è stato Luis Leon Sanchez, suo compagno all’Astana, visibilmente commosso. Un momento commovente, così come lo sono stati tutti gli striscioni a lui dedicati: in una tappa così, Michele è mancato come l’aria.