Le minacce del “signor” Rea «Ti vengo a prendere al giornale»

Sono le 12.21 di sabato e sul cellulare appare un messaggio da un numero sconosciuto: «Se non rispondi, lunedì vengo alla Provincia. Decidi tu». (Capiremo tra poco che quel “vengo alla Provincia” stava per “vengo a prenderti alla Provincia”).E poi, la firma: «Sono Rea». Il giocatore del Varese? Sì, lui. «Va benissimo lunedì in redazione – gli rispondiamo – all’ora in cui sei comodo». Nuovo sms dal signor Rea: «Vieni allo stadio e fatti vedere. Altrimenti vengo a prenderti in Provincia! Poi è peggio per te». Postilla beneaugurante: «Ti levo la voglia di fare il perbenista».

Il motivo per cui un super professionista pagato dieci volte un comune mortale per essere super professionista anche fuori campo si trasforma in giustiziere? Un 4 nella pagella di Varese-Juve Stabia.

Pensavamo che questa fosse ancora e sempre la squadra dei Gambadori, dei Lepore e dei Tripoli (dei Corti, degli Zecchin, dei Pavoletti) che vivevano il Varese 24 ore al giorno – come noi – e che, se avevano qualcosa da dirti, ti affrontavano da persone adulte (quelle che non minacciano di muovere le mani, e in generale non minacciano, ma muovono la testa e la lingua, se è attaccata alla testa) non da vendicatori mascherati dietro il “plin-plin” di un sms.

Il signor Rea dimostra che dietro un giocatore che indossa questa maglia non c’è più il Varese (il rispetto per il Varese e per chi lo rappresenta agli altri) ma solo se stesso, impunito e impunemente. La sua sete di vendetta, i suoi toni intimidatori (è peggio per te, ti levo la voglia, vengo a prenderti) e le critiche – giuste o sbagliate – da lavare non sul campo ma fuori e chissà dove con toni allusivi, maneschi e ripugnanti.

Ecco la pagella che dovrebbe «levarci la voglia» di scrivere del signor Rea e del Varese, data con il computer sulle ginocchia in mezzo ai tifosi, da uomini del popolo (da cui prendiamo voce e cuore, perché è il popolo l’unico padrone del Varese) cioè il contrario dei benpensanti e dei perbenisti.

REA 4. Se un tifoso urla “Rea svegliati” senza offese né insulti, il signor Rea non deve nemmeno sognarsi o trovare il tempo di litigare durante la partita e replicargli “Stai zitto”. Il tifoso fa il tifoso, e in più paga, lui faccia il calciatore (in più è pagato, e proprio da quello stesso tifoso). Se poi sei concentrato sul tuo lavoro, non senti niente e nessuno. Ps: il giorno che smette di uscire dall’area palla al piede, fa un favore al Varese. E a se stesso.

Fine della pagella e anche della storia: il signor Rea, come qualunque calciatore in posizione privilegiata (hai immensi privilegi, ma immensi doveri), rappresenta 24 ore su 24 in ogni suo comportamento una squadra e una città, e si assume la responsabilità di quello che dice, che pensa e che fa davanti alla squadra e alla città, sperando che, in questo caso, non faccia seguire i fatti alle parole.

Per noi il Varese e Varese sono un’altra cosa (un esempio positivo, non un pessimo esempio) rispetto al signor Rea. Anzi, sono l’esatto opposto.

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