Accusato di furto di gioielli e droga: chiuse le indagini a Varese sul funzionario

Gli contestano anche di aver sottratto mezzo chilo di cocaina

– Funzionario accusato di rubare in tribunale: chiuse le indagini la procura di Varese è pronta a chiedere il rinvio a giudizio. L’uomo, responsabile dell’ufficio reperti, è accusato di aver sottratto anche un panetto da mezzo chilo di coca sequestrato durante un’operazione antidroga e custodito in quell’ufficio per essere utilizzato durante il processo e poi distrutto.
Indagati anche la figlia del presunto ladro di reperti e il genero: per figlia e genero l’accusa è di detenzione di stupefacente ai fini della cessione. Il funzionario era stato arrestato il 21 maggio 2015: le manette erano scattate in tribunale, mentre l’uomo era al lavoro. Un arresto arrivato al termine di un’indagine complessa condotta dagli agenti della Digos di Varese e coordinata dal pubblico ministero .

L’inchiesta era scattata in seguito a una segnalazione interna al tribunale: dall’ufficio preposto al loro deposito, erano sperati dei reperti. Un ufficio “cassaforte” dove vengono custoditi tutti i reperti sequestrati durante le operazioni di polizia giudiziaria: droga, armi, ma anche gioielli (se si parla di furti o rapine), capi di abbigliamento griffati oppure falsamente griffati.
Gli uomini della Digos hanno avviato l’inchiesta posizionando telecamere nascoste nell’ufficio: il funzionario era stato incastrato da quei filmati.

I poliziotti lo avevano visto prelevare in diretta alcuni monili in oro e andarsene e l’arresto era scattato in flagranza.
Dopo le manette erano arrivate le perquisizioni a casa del funzionario e dei familiari, mentre gli inquirenti iniziavano a fare un inventario di quanto era misteriosamente sparito dall’ufficio corpi di reato. Di fatto era in quel momento impossibile determinare da quanto i reperti venissero trafugati. Durante una perquisizione, vengono trovati nelle disponibilità della figlia e del genero del funzionario, 60 grammi di cocaina.

Tra i reperti spariti c’era anche un panetto di cocaina del peso di 500 grammi. Quando la droga viene sequestrata durante un’indagine vengono eseguite delle analisi per stabilirne principio attivo e caratteristiche. Se ne traccia una sorta di carta di identità “chimica”.
Quei 60 grammi sono stati analizzati e i risultati sono stati confrontati con la “scheda” relativa la panetto mancante: la comparazione ha messo in luce una verosomiglianza tra le sostanze.
Per la procura si tratta della stessa cocaina sparita dall’ufficio reperti: prelevata dal funzionario (che risponde dell’accusa di peculato) e venduta dalla figlia e dal genero. «Il mio assistito nega assolutamente di aver mai preso cocaina dall’ufficio corpi di reato – spiega
, legale di padre e figlia – non ha nulla a che fare con questa vicenda. Verosomiglianza non significa che si tratta della stessa sostanza». Ora la parola passa alla procura. Il pm ha depositato l’avviso di conclusione delle indagini già notificato agli indagati (tutti a piede libero) e si prepara a chiedere il rinvio a giudizio per tutti e tre. Le difese hanno 20 giorni per presentare memorie difensive, risultanze di indagini difensive o per chiedere un interrogatorio davanti al pubblico ministero.