«Erika ha fatto un miracolo ma adesso non lasciatemi solo. Perché lei mi manca troppo»

Occhi lucidi - Massimiliano Gibellini e le emozioni di “Fuck the cancer”: «Amate i vostri bimbi, finché potete»

Quando si ricorda una persona che non c’è più si guarda sempre il cielo: il mistero e l’infinito stanno lassù, e lassù ci stanno anche le stelle. A volte però ci si rende conto che per ricordare chi se n’è andato bisognerebbe guardare per terra: quello che ci circonda, i segni che ci sono stati lasciati. Sabato sera Erika era lì: nella serata che ha riempito lo stadio di gente e gli occhi di lacrime. Un piccolo grande miracolo chiamato “Fuck the cancer” capace di mobilitare campioni da tutto il mondo (Maradona, Messi, Vardy, Pavoletti): le loro maglie messe all’asta costruiranno una (o forse due) camere sterili all’ospedale di Varese.


Sì. Grazie.


Ai ragazzi della curva che hanno voluto, pensato e messo inpiedi questa cosa enorme. A chi è venuto e a chi ha fatto un’offerta per una delle maglie. A chi ne ha parlato e ha fatto girare la voce. E grazie alla mia Erika.

Stiamo ancora facendo i conti, ma la cifra raccolta è davvero altissima. E davvero il nostro aiuto all’ospedale e ai bambini che stanno male sarà importante. Il bello è che si è messo in moto un movimento che non si fermerà certo qui: “Fuck the cancer” continua, continuerà ancora. È un miracolo, un miracolo. Una serata che mi lascia ancora senza parole.

L’immagine simbolo è quella che ho visto entrando: tutte le maglie appese, una di fianco all’altra. Un’immagine che leva il fiato, che mi ha fatto capire quello che stava succedendo. E poi ci sono le storie.

I ragazzi del “Frattini” di Varese che hanno raccolto, facendo sacrifici, 800 euro per prendere la maglia di Marchisio. Un signore ha offerto 1000 euro per quella maglia e se l’è aggiudicata: ma poi ha deciso di regalarla a loro. E la stessa cosa è successa con la maglia di Messi: i ragazzi dell’Itis di Gavirate, grazie a Giada, avevano tirato su 1300 euro che non sarebbero bastati. Chi l’ha presa, poi l’ha regalata a loro.


La volevo, la volevo davvero: però potevo permettermi di spendere solo 1000 euro ed è stata tirata a 1100. A rilanciare sono stati però i miei amici di Brebbia, che sapevano quanto tenessi alla maglia del Pavo: l’hanno presa, e me l’hanno regalata. Ho portato a casa anche la maglia di Toni: l’hanno comprata per me Marrazzo, Luoni, Gheller e Capelloni.

Lei, con l’aiuto del Peo. Perché quello è lo stadio del Peo. Ho fatto una settimana senza dormire perché avevo paura che avrebbe piovuto, che avremmo dovuto rinviare la giornata oppure spostarla al palazzetto e non sarebbe stata la stessa cosa. Poi ho pensato che no, non poteva piovere: Erika e il Peo avrebbero soffiato via le nuvole per fare uscire il sole, e così è stato. È andata davvero così.


Le risate dei bambini che si divertivano sul gonfiabile, perché non c’è niente di più bello del sorriso di un bambino.


No, sono contento per tutto quello che è successo sabato. Ma non sono felice: il cuore, il mio cuore piange ancora e piangerà per sempre. È stato tutto bellissimo, ma è dura. Ora mi viene da dire solo una cosa.

Non lasciatemi solo. In questi mesi sono successe tante cose belle, ma mi conosco: non lasciatemi solo, per favore. Perché Erika mi manca e io sto male, anzi: stiamo male. Perché parlo sempre al singolare, ma in questo dolore e in questa sofferenza c’è dentro anche mia moglie. E sa cos’altro voglio dire?


Vorrei rivolgermi a tutti quelli che hanno dei figli, a tutti i genitori. E vorrei dirgli di non lasciare mai da soli i loro bambini, di stare con loro il più possibile, di coccolarli sempre e di baciarli ogni volta che possono. Di fare tutte quelle cose che ora a me mancano e non posso più tornare indietro.

Non chiedetemi niente. Erika era la mia cocca, la mia complice: litigavamo sempre, ma ogni sera lei mi chiamava per farsi rimboccare le coperte o per chiedermi un bacio.

Ecco cos’eravamo io e lei, insieme. Ora mi alzo tutte le mattine alle tre e mezza per andare a lavorare e passo in camera sua a salutarla, perché facevo così quando c’era. E tutte le sere prima di andare a letto vado sul suo balcone e accendo una candela. Tutte le sere. State vicini ai vostri bambini: fatelo, fatelo sempre, fatelo finché potete.